Melchiorre Cesarotti

CESAROTTI (l'abb. Melchiorre), illustre professore nell'università di Padova sua Patria, ed assai noto all'Europa letterata per l'eccellenti sue opere di diverso argomento, merita un distinto luogo fra gli scrittori sulla musica, comecchè protesti egli stesso di non aver avuta veruna intelligenza di quest'arte (Lett. a M. de Vogt). Trovansi non pertanto nelle sue opere molte notizie riguardanti la musica: tal si è quella sull'origine della medesima nel suo Ragionamento sopra l'origine e i progressi dell'arte poetica. Tali sono le due sue relazioni accademiche sulla nuova teoria musicale del P. Barca Scolopio; e tale è la relazione della musica dei Caledonj nel suo Ragionamento preliminare dell'inavanzabil traduzione de' poemi di Ossian. Tra questi vi ha il poema drammatico di Comala, ove come osserva lo stesso traduttor Cesarotti, la varietà della misura dei versi fa vedere che il poema fu originalmente messo in musica. Come il suo amico M. de Vogt scrivevagli da Vienna nel 1776, ch'egli non disperava d'indurre M. Gluck a porre in note l'eccellente traduzione ch'egli ne aveva fatta, “mi sarebbe al certo gratissimo, gli rescrisse il Cesarotti, di veder posto in musica da cotesto cel. professore il pezzo rimato del Celtico Bardo. Parmi che quella versificazione imitativa, spezzata e varia, sarebbe suscettibile di bellezze musicali straordinarie.” Ma, se pur non m'inganno, la varietà e l'inuguaglianza del metro, che usò il Cesarotti ne' versi di una medesima stanza, e la strada, com'ei dice, in gran parte nuova che gli convenne tentare nella lirica, la rendono meno adatta ad una buona musica: e fu forse questa la ragione, per cui non potè indursi il Gluck a metterla in note. Piacemi di qui rapportare il giudizio, che questo insigne letterato formavasi del Pacchiarotti, ch'egli soleva chiamare l'Orfeo dell'anima (Lett. al Gener. Miollis del 1808), con tanto più di ragione, quanto nel formare il di lui articolo non mi era occorso allora l'elogio così onorevole fattogli dal Cesarotti. Egli dunque scrivendo alla contessa Livia Dragoni nel 1785 dice così. “Il vortice amichevole mi trasse seco per alcuni giorni a Verona a render omaggio al nostro Orfeo. Tale è per me realmente il Pacchiarotti. Egli si fa tiranno dell'anime sensibili, ed è il solo che m'abbia fatto credere ai miracoli della musica Greca tanto magnificata dall'antichità.” (Epistolar, t. 2). Per la ragione medesima tralasciar qui non debbo le lodi, che dà il Cesarotti all'insigne poeta Angelo Mazza per la collezione de' suoi Sonetti sull'armonia. “È già molto tempo, dic'egli in una lettera del 1803, che l'Italia vi riguarda come il suo Pindaro. I vostri sonetti scuoterebbero il letargo stesso. Io ne sono incantato, trasportato, e non ho parole che bastino a spiegarvi quel ch'io ne sento. Voi meritate d'esser chiamato per eccellenza il Signor dell'altissimo canto. Non v'è fra tanti un solo sonetto che non porti l'impronta luminosa del grande; ma varj di essi sono d'una bellezza sorprendente, e senza esempio. S. Cecilia, il Genio, l'Entusiasmo, l'Armonia ideale, per tacer di altri, sono degni solo di Apollo se pur Apollo ne sapea tanto.” Morì Cesarotti il giorno 4 novembre 1808.
Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814