Giacomo Tritto
TRITTA (Giacomo), attualmente maestro di contrappunto nel R. Collegio di musica in Napoli, fu allievo del cel. Sala. Nel 1787 scrisse la Vergine del Sole, nel quale dramma vi ha un duetto, ed un terzetto di una estrema bellezza. Nel 1788 compose la musica della Molinarella. Nel magazzino del Ricordi in Milano vi ha di lui in oltre Il Cartesiano fantastico, e le trame spiritose.
Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814
TRITTA GIACOMO fu alunno del Conservatorio della Pietà de' Turchini. Per l'ottima riuscita, che vi fece, fu eletto secondo maestro del medesimo, in luogo di Pasquale Cafaro che passò in luogo del primo Lorenzo Fago figlio di Nicola, il qual Lorenzo fu giubilato nel 1787.
Le musiche teatrali composte dal maestro Giacomo Tritta sono le seguenti. In Napoli pel real teatro di S. Carlo: Artenice nel 1785 dramma -- Micaboro nel 1798 idem -- Ginevra di Scozia nel 1800 idem -- gli Americani nel 1801 idem -- Marco Albino in Siria nel 1810 idem -- l'omaggio pastorale cantata -- il tempio dell'eternità idem -- il disinganno idem. Pel teatro nuovo: il Principe riconosciuto nel 1780 farsa -- la marinella nel 1780 idem -- la Bellinda nel 1781 opera -- la viaggiatrice di spirito nel 1781 idem -- D. Procopio nel 1782 idem -- la scuola degli amanti nel 1782 idem -- il Cartesiano fantastico nel 1783 idem -- le astuzie in amore nel 1785 idem -- le trame spiritose nel 1786 idem -- l'impostore smascherato nel 1786 idem -- le nozze in garbuglio nel 1790 idem -- gli amanti in puntiglio nel 1791 idem. Pel teatro del fondo: la sposa stramba nel 1784 opera buffa -- il barone in angustie nel 1788 idem -- la molinarella nel 1789 idem -- la vergine del sole nel 1790 dramma serio -- l'equivoco nel 1792 opera buffa -- la donna sensibile nel 1792 idem. Pel teatro de' fiorentini: li due gemelli nel 1783 farsa -- il convitato di pietra nel 1783 idem -- la scuffiara nel 1784 idem -- lo scaltro avventuriere nel 1785 opera -- la scatra avventuriera nel 1786 idem -- la pruova reciproca nel 1787 idem.
In Roma pel teatro d'argentina: l'Arminio nel 1786 dramma serio -- Andromaca e Pirro nel 1806 idem.
Pel teatro d'Alibert: Cesare in Egitto nel 1805 dramma serio -- Elpinice e Vologese nel 1807 idem. Pel teatro Valle: la sposa bizzarra nel 1784 opera buffa -- le gelosie nel 1786 idem -- i raggiri scoperti nel 1786 idem -- la bella selvaggia nel 1788 idem - li finti padroni nel 1789 idem -- la canterina nel 1790 idem -- li matrimonii contrastati nel 1800 idem.
Per Milano: Apelle e Campaspe nel 1793 dramma; e per Venezia la fedeltà tra le selve, nel 1795.
La Musica ecclesiastica del maestro Tritta è quella che segue: Messa a 8 voci reali, con due fughe, e due orchestre obbligate -- Messe n. 6 tra grandi, e piccole -- Messa pastorale -- Messa de' morti -- Dixit a 5 voci con canto-fermo -- altri 5 Dixit tra grandi, e piccoli -- Credo solenne a 5 voci -- altri due Credo brevi a 4 voci -- mottetti a 4 e 5 voci n. 12 -- Magnificat due a 4 voci -- Confitebor a 5 voci -- Beatus vir a 5 voci -- Laudate a 5 voci -- Te Deum solenne a 5 voci -- Te Deum breve a 4 voci -- cinque Salve Regina, delle quali una a 3 voci, due a 4 voci, due a 5 voci -- Lauda Sion a 4 voci -- Passio di S. Matteo, e S. Giovanni tutti in Musica -- graduali n. 2 con cori -- inni n. 2 con cori -- Pange lingua a 2, ed a 4 con varii Tantum ergo a solo e con cori -- partimenti, e regole generali di Musica stampati.
Carlantonio de Rosa marchese di Villarosa
Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli
Napoli, dalla Stamperia reale, 1840
GIACOMO TRITTO.
Non vi ha scrittore di cose musicali, non vi ha dizionario biografico di uomini illustri, non vi ha Enciclopedia che non parli di Giacomo Tritto e di uno dei più illustri suoi discepoli, Saverio Mercadante. Noi però per le notizie relative alla sua vita e alle sue opere ci gioveremo di una biografia pubblicata nel 1850 da Giusto Adriano de la Fage (1) che fu amico di Domenico Tritto, figliuolo di Giacomo e anch'esso valente compositore di opere musicali (2).
Ma prima di riportare le parole del signor de la Fage, è necessirio dir qualche cosa intorno all'anno della nascita del nostro Tritto che non è quello indicato dal de la Fage, dal Florimo e dagli altri biografi dei più celebri musicisti italiani.
Il de la Fage comincia col dire che «Giacomo Tritto, il cui vero nome era Giacomo di Turitto, nato in Altamura, era figliuolo di un negoziante di quella città. La perdita dei registri parrocchiali e comunali suecessa nel sacco di Altamura l'anno 1799 rende incerto il dì della nascita di questo artista, il quale solamente sapeva esser l'anno 1735 o 1736 uscito al mondo. Pervenuto all'età d'anni undici venne menato a Napoli dall'Arciprete Giovanni di Turitto, suo fratello cugino, che il collocò nel Conservatorio della Pietà dei Turchini. In questo Conservatorio ebbe principio l'uso di darsi a Giacomo il nome di Tritto, ch'egli medesimo accettò di poi».
Ora non è esatto che nel sacco di Altamura andarono perduti i registri parrocchiali e comunali. Nella Curia Altamurana esistono ancora i registri dei battezzati dal 1564, e in uno di essi si legge: «A dì 2 aprile 1733 nacque Giacomo Domenico Mario Antonio Pasquale Giuseppe figlio delli coniugi Mastro Domenico di Tritto e Maria Tirelli». A fianco leggesi, di altro carattere: Maestro di Cappella in Napoli.
Il Tritto adunque nacque in Altamura il 1733 e non il 1735 o 36 e morì in Napoli il 26 settembre 1824, di 91 anno, cinque mesi e 24 giorni. Il cognome della sua famiglia, che ancora esiste, è Tritto, sebbene il cugino di Giacomo (Sacerdote e non Arciprete Giovanni Tritto) abbia pubblicato alcuni versi chiamandosi Turitto.
Ed ora lasciamo la parola al sig. De la Fage: Nel Conservatorio della Pietà dei Turchini il Tritto «dapprima attese ad apprendere di suonare il violoncello, ed in breve tempo divenne tra suoi compagni il più esperto. Studiò poi il contrappunto sotto la guida del celebre maestro Pasquale Caffaro, allievo e seguace di Leo, e non sotto la guida di Niccola Fago, detto il Tarentino, siccome erroneamente viene affermato nella Biografia Universale (3). Nel quale studio, non altrimenti che in quello del violoncello, rapidamente s'avanzò, e prese in breve tra i suoi condiscepoli il primo luogo. Compose in quel tempo assai lavori per chiesa, per sala e per teatro, e si procacciò grande riputazione d'abilità in questi tre generi di musica. Onde non prima uscì del Conservatorio, che vi tornò con la qualità di professore, e successe a Niccola Sala nell'ufficio di primo maestro di contrappunto.
Intanto aveva Tritto, siccome ho detto pocanzi, avuto parecchie occasioni di manifestare il suo ingegno di compositore. Caffaro, vecchio ed infermo, domandò al re Ferdinando I che gli permettesse di sostituire in suo luogo il suo diletto discepolo: il che gli venne concesso. E però Tritto fece gratuitamente l'ufficio di maestro della real casa durante la malattia di Caffaro e qualche tempo eziandio dopo la morte di quello. Era suo ufficio dirigere i concerti, e fare nelle occorrenze speciali composizioni di musica, che il re, la regina ed i grandi della corte privatamente cantavano. Essendo in questo mezzo venuto Caffaro a morte l'anno 1787, Giovanni Paisiello, maestro meritamente illustre, giunse di Russia fornito di potenti raccomandazioni dell'imperatrice Caterina e della Corte di Francia, e si fece a richiedere l'ufficio, la cui cura si trovava frattanto commessa a Tritto, che ne aveva per parecchi anni empiuto le parti. Ebbe Paisiello l'ufficio; ma il re concesse allo sfortunato sostituto una pensione di 180 ducati. Il ritorno di Paisiello in Napoli lasciava vuoto un officio nella corte di Pietroburgo. Venne Tritto invitato e sollecitato a diventare il successore di colui che no aveva preso il luogo nella corte di Ferdinando I. Il che, ove si fosse effettuato, avrebbe potuto avere sembianza di un semplice cambio. Ma essendo di natura timido, affezionato ai suoi, e forse timoroso di non poter comportare il rigido clima della Russia, si risolse Tritto a non accettare quell'offerta.
Verso questo tempo gli venne commessa la direzione di S. Carlo, la cui amministrazione era a que' giorni a conto del re. Gli era stato, comechè ei fosse assai giovine, proposto di comporre per il teatro Nuovo e per quello de' Fiorentini, sul quale si rappresentavano a quel tempo opere in musica. Lungamente negò Tritto di ciò fare, perciò che sentendosi meglio disposto all'opera seria, avrebbe voluto comporre per S. Carlo. Il che per tanto non si poteva effettuare, perchè era con reale ordinanza vietato, che non si dovesse in quel vasto teatro rappresentare opera di qualsivoglia maestro che non fosse ancora pervenuto ad acquistar fama d'eccellente compositore.
Spinto da ultimo dalla necessità di sovvenire ai bisogni della sua famiglia, scrisse per il teatro Nuovo, l'una dopo l'altra, tre farse, cioè tre opere d'un solo atto, il Principe riconosciuto, la Marinella e la Scuola degli amanti, che piacquero molto. Anzi la terza di queste opere fu rappresentata per il corso d'un intero anno, mai non cessando d'attrarre gran numero di spettatori.
Veniva Tritto chiamato a Roma, ove sì splendida fu la riuscita delle opere ch'egli vi scrisse, che per il corso di dieci anni gli fu commesso di comporre un'opera da rappresentarsi nel carnevale. Le opere che più favorevolmente vi vennero accolte furono: I raggiri scoperti e Cesare in Egitto. La prima, cioè I raggiri scoperti, destò un tale entusiasmo, che, venutane a fine la prima rappresentazione, ne fu il compositore rimenato a sua casa in trionfo circondato da più chiari personaggi e dai principali musici della città, e seguito da giovani, che avendo torchi alle mani e fiaccole, ne accompagnavano l'andata con gradevolissime acclamazioni. Il Cesare in Egitto piacque siffattamente, che contenne senza indugio rappresentarlo di nuovo in San Carlo, ove non meno piacque che a Roma.
Lo stesso è a dire dell'opera Apelle e Campaspe, composta per il teatro della Scala a Milano.
Tra le opere scritte da Tritto per i Teatri di Napoli sono le più degne d'essere ricordate: Artenice, Gincora di Scozia, gli Americani, rappresentate in S. Carlo; Le Vergini del Sole, rappresentata al Fondo; la Prova reciproca, rappresentata ai Fiorentini; il Cartesiano fantastico e le Nozze in garbuglio, rappresentate nel Teatro Nuovo. Convien notare che, quando si aprì l'anno 1789 il Teatro detto di Monsieur in Parigi, la prima opera rappresentatavi dalla compagnia italiana di quel teatro fu le Vicende Amorose del nostro compositore. Il numero di tutte le composizioni teatrali di Tritto è di più che cinquanta, tra quali non ci è stata alcuna che avesse fatto ciò che dicesi fiasco. Onde senza alcuno fondamento è stato affermato che Tritto non era stato felice nel Teatro. La fama di quest'autore fu nella sua patria presso che uguale a quella dei Guglielmi, dei Paisiello e dei Cimarosa; se non che convien confessare non essersi, al pari di quella de' detti illustri maestri, divulgata per le straniere contrade.
Le opere di Tritto tuttavolta meriterebbero d'essere ancora al presente attesamente studiate da quegli allievi che non si ristringono a leggere la musica a loro giorni composta, per ciò che vi troverebbero eccellenti composizioni a più voci, degne per fermo d'essere offerte loro a modelli, siccome quelle in cui singolarmente si nota la qualità dell'ingegno di Tritto. Assai importante successo nella storia della musica drammatica è l'essere stato questo maestro il primo ad introdurre l'usanza de finali nelle opere serie. Il che è stato attribuito al celebre Piccinni, il quale, quasi nel medesimo tempo che Tritto, ma tuttavolta otto giorni di poi, fece in effetti rappresentare la prima opera in cui era introdotto un finale. Si vuol congetturare che i due compositori, ciascuno da sè, avessero concepita la medesima cosa, o che avesso l'uno conosciuto il disegno dell'altro. Ma non essendo possibile il fissare intorno a questo punto i dritti di ciascuno di loro, il fatto dell'anteriorità della rappresentazione dà il tratto alla bilancia a prò di Tritto, senza che per tanto abbia certamento la gloria di Piccinni a punto scemarsi.
Le opere di Tritto tuttavolta meriterebbero d'essere ancora al presente attesamente studiate da quegli allievi che non si ristringono a leggere la musica a loro giorni composta, per ciò che vi troverebbero eccellenti composizioni a più voci, degne per fermo d'essere offerte loro a modelli, siccome quelle in cui singolarmente si nota la qualità dell'ingegno di Tritto. Assai importante successo nella storia della musica drammatica è l'essere stato questo maestro il primo ad introdurre l'usanza de finali nelle opere serie. Il che è stato attribuito al celebre Piccinni, il qaale, quasi nel medesimo tempo che Tritto, ma tuttavolta otto giorni di poi, fece in effetti rappresentare la prima opera in cui era introdotto un finale. Si vuol congetturare che i due compositori, ciascuno da sè, avessero concepita la medesima cosa, o che avesso l'uno conoscinto il disegno dell'altro. Ma non essendo possibile il fissare intono a questo punto i dritti di ciascuno di loro, il fatto dell'anteriorità della rappresentazione da il tratto alla bilancia a prò di Tritto, senza che per tanto abbia certamento la gloria di Piccinni a punto scemarsi.
Che che di ciò sia, non aveva Tritto voluto ristringersi ad attendere alla musica della scena. Altrettanta riputazione egli ottenne siccome compositore di musica sacra, conoscendosi meglio che quaranta suoi lavori di questo genere, cioè messe, salmi, mottetti e simili.
I più notevoli sono una messa ad otto voci effettive e due orchestre, due messe brevi, un Dixit, un Beatus vir ed un Credo a cinque voci ed orchestra, un Miserere a cinque voci con accompaguamento di viole e bassi. Le due messe brevi vennero scritte per la real cappella di Napoli, essendo che alla morte di Paisiello erasi il vecchio re Ferdinando ricordato del primiero suo maestro della real casa, e l'aveva nominato maestro della cappella palatina. Conservò Tritto questo ufficio sino alla morte.
Mai non aveva lasciato d'essere adoperato siccome professore, perciò che quando i Francesi conquistarono Napoli, essendo stato il Conservatorio di S. Maria dell'Oreto (e non di Loreto, secondo che erroneamente si usa scrivere) congiunto con quello della Pietà de Turchini, venne nominata, a dirigere questo solo collegio, una commissione composta di Fenaroli, Paisiello e Tritto. Indi a due anni, aggravato Fenaroli dalla vecchiezza domandò il suo riposo e Paisiello minacciato d'apoplessia non indugiò a ritirarsi. Sicché Tritto rimase più anni solo direttore del real collegio di musica, il quale era stato trasferito nel monastero di S. Sebastiano. Quivi stette il collegio sino a che quel vasto edificio essendo dato ai Gesuiti, venne traslocato in San Pietro a Maiella, antico convento de' Celestini, ove tuttavia si ritrova al presente.
Si voleva in questo mezzo indurre il celebre autore di Giulietta e Romeo a stanziare in Napoli, conferendogli nella sua patria un ragguardevole ufficio. Il che ebbe effetto col danno di Tritto. Quantunque costui, avendo per quarant'anni continui prestato servizio, avesse in quel tempo il diritto di richiedere il suo riposo, mosso non pertanto dall'affetto che portava agli allievi confidati alle sue cure, pose da banda il giusto suo mal contento, e consentì a conservare sotto il novello direttore l'ufficio di primo maestro di contrappunto, che, formando un gran numero d'allievi, tenne sino alla morte. Fra i più celebri di questi allievi si conta Farinelli, Ciuffolotti, Paganini, Orlandi, Manfroci, Raimondi, Mercadante, Bellini, Ricci, Conti, il suo figliuolo Domenico, Costa suo nipote, ed altri.
Pubblicò Tritto, in sul fine della sua vita, due opere d'insegnamento musicale, l'una composta di Partimenti, o Bassi numerati, sopra cui deve l'allievo fondar l'armonia (4), e l'altra de' Principii del contrappunto e della fuga (5). Per tanto sono queste due opere singolarmente pregevoli, perchè ci tramandano la dottrina della scuola di Leo, che si trovava, siccome è noto, opposta a quella di Durante; dottrine seguitate dai loro allievi. Tuttavolta la divisione di queste due scuole non metteva in disputa che una perfezione più o meno compiuta nel concetto e nell'espressione de' melodici pensieri ed armonici. La scuola di Leo in ispecialtà caldeggiava una ricca e grave armonia, ove quella di Durante credeva che per ottenere una corretta e limpida cantilena in ciascuna delle sue parti si dovesse avere ogni altra cosa in non cale; permetteva la prima quelle licenze che la seconda disapprovara. Oh! come ai più di coloro che attendono al presente a comporre sembrerà rigorosa la scuola stimata irregolare a quei giorni! Imperocchè quando si comincia ad uscir dalle regole, queste in breve si trovano tutte moleste, altro non si giudicano che impedimenti. Perchè si allargano i termini della carriera, s'immagina dover la pratica dell'arte tornar più facile; ma si opera il più delle volte siccome colui che, vedendosi innanzi un campo più vasto, crede dover essere più veloce nel corso e da ultimo, ahimè! s'accorge che si stanca più prestamente e si spossa.
Tornando alle opere didascaliche di Tritto, dobbiam confessare che debole ed insufficiente, e massime poco metodico e male ordinato, è il testo dei suoi trattati. Il che era difetto comune a tutta l'antica scuola di Napoli, la quale poco ragionava, ma operava di pratica, e produceva opere maravigliose. Questo, e non altro, il pubblico richiedeva. Assai meglio si ragiona ai dì nostri. Gareggiano professori ed allievi a divulgare intorno all'arte musicale sublimissimi pensamenti o teoriche splendidissime, ad esporre il metodo dell'insegnamento con maggior chiarezza. Ma tutto a ciò si ristringe: poco si produce o nulla.
E qui surge l'occasione di ricordare quel proverbio dell'Evangelo, il quale dice che l'albero si conosce dai frutti. Laddove non sono gli scritti didascalici di Tritto privi di censura, può giudicarsene la vita privata degna di esser proposta siccome esempio a tutti i padri ed a tutti i mariti. Ebbe dalle due consorti, senza tener conto di cinque sconciature, diciotto figliuoli: curò l'educazione di questa numerosa famiglia: e dopo d'aver dato a parecchi di quelli avviamento, si trovava ancora aggravato da undici figliuole e da un solo figliuol maschio. Si intende come malagevole gli dovesse tornare, in siffatta condizione di cose, il raggruzzolar moneta. Nell'amore de' suoi diletti figliuoli trovava un compenso all'agiatezza che gli mancava. E sì questo buon padre amava teneramente tutti i suoi figliuoli, e mai non avrebbe comportato senza la sua famiglia alcun minimo passatempo.
Era Tritto alto della persona un metro ed ottantasei centimetri; e per tanto appariva vieppiù grande, perchè autorevole aveva l'aspetto, vermiglia la carnagione, e bella ed arricciata la bianca chioma, che mai non cessò d'essere delle più copiose di capelli sino alla estrema sua ora. Nè grasso era nè magro, e sempre godette sanità gagliardissima: mai non fece uso d'occhiali, e morì senza che gli mancasse un sol dente. Passò all'altra vita il di 16 del settembre l'anno 1824, e però giunto all'età di 88 od 89 anni (6). Non seppero i medici conoscerne la malattia, che quando non le si potea più por rimedio. Tale era lo stato del corpo di Tritto, che si dichiarò aver potuto vivere altri dieci anni, qualora l'operazione della pietra, onde veramente era il vecchio travagliato, fosse stata fatta a tempo opportuno.
Era d'indole semplicissimo e dolcissimo; e però ebbe molti amici, ai quali fu sempre devoto. Era religioso senza bacchettonismo, e pieno di filantropia e d'indulgenza verso tutti.
Pochi furono altrettanto operosi che Tritto, il quale s'occupava ogni giorno sette ore nell'insegnare agli allievi del collegio di musica, due ore in sua casa, dopo d'aver desinato, nell'insegnare ai particolari suoi allievi: attendeva di poi fuori a varie faccende sino all'ora di cena; rientrato in casa, conversava con alquanti amici, poi tornava al lavoro e componeva sino a mezzanotte. Tanto era in lui l'abito di questa manica di vita, che divenuto ottuagenario non erasene dilungato, e solo un anno innanzi alla sua morte il dismise.
Siffatta assiduità spiega l'agevolezza ch'egli aveva acquistato a scovrire le minime imperfezioni di qualunque musicale composizione che gli si dava a osservare: perciò che mostrava avervi appena gittato uno sguardo, carteggiandola prestamente, e poi, chiusala, dichiarava i passi che non gli erano o gli eran piaciuti, ed a mente citava i luoghi di melodia o d'armonia intorno a cui avea fatto osservazioni. Aveva prodigiosa memoria, e rammentava minutissimi particolari spettanti alle persone da lui conosciute. Questa potente facilità di ricordare il passato, non altrimenti che una perfetta chiarezza d'idee ed una squisita lucidezza d'esprimerle, mai non gli venne meno. In somma si può dire che sino alla morte ebbo Tritto l'animo, come il corpo, gagliardo.
Quantunque non abbia la riputazione di Tritto avuto altrettanto divulgamento che quella di parecchi suoi contemporanei, egli non è tuttavolta meno che quelli benemerito dell'arte, massime avuto rispetto agli allievi da lui formati nella sua lunga e faticosa carriera. Egli, con Zingarelli suo successore, pon fine alla lista de maestri degli antichi conservatorii di Napoli, che sono stati mirabili scuole generatrici d'ingegni di somma eccellenza, scuole che si son potute agevolmente distruggere, ed in cui luogo non pare altrettanto agevole il surrogare altra cosa. E posto che s'abbiano novellamente ad aprire siffatte sorgenti dell'arti, posto che le terre fecondate per il passato da quelle non siano che temporaneamente sterili, non dobbiamo forse per tanto, secondo che le nostre forze comportano, affrettare il momento in cui quelle debbano riapparire raccogliendo il maggior numero che si può di notizie intorno a ciò che esse furono, intorno agli artisti che le hanno onorate, intorno a principii che ne han fatto la gloria e li hanno rendute meritevoli d'illustri memorie nella storia della musica? Queste sono preziose vene, onde si è perduta la traccia, che si vuole senza posa ricercare, continuamente e profondissimamente cavando.
Se per il contrario perduta è ogni speranza, se la presente tendenza degli animi più non li muove verso l'arte musicale col primiero ardore, o se questo ardore almeno ha del tutto cangiato qualità, se i governi ed i popoli sono agitati e volti altrove dalle preoccupazioni dell'avvenire ed eziandio del presente, se si vuol disperare a questi giorni di rivedere que tempi felici in cui si riducevano le grandi dispute ad argomenti di letteratura e belle arti, deve vieppiù, a coloro che amano quella fortunata stagione in cui l'arte regnava sola, parer conveniente il porre insieme quanto può dare un giusto concetto di quel tempo, farne rimpiagnere i vantaggi, farne desiderare, e forse, chi sa? apparecchiare il ritorno.
Siffatte considerazioni mi hanno sospinto a raccogliere queste notizie della vita di Giacomo Tritto, cavate dai frequenti colloquii che ho avuto col suo figliuolo Domenico Tritto, stimabilissimo professore di musica, e scritte in conformità delle autentiche carte che si è il detto Domenico compiaciuto di presentarmi.
(1) BAZAR LETTERARIO per cura di Vincenzo Corsi. Vol. I. Napoli presso Borel e Bompari, 1859 - pagina 147 a 156.
(2) Nell'autunno del 1815 fu dato al Teatro del Fondo di Napoli il Melodramma Le parola d'onore ossia Zelinda e Rodrigo ed il 30 maggio 1818 al Teatro S. Carlo il Dramma Trajano, musiche del Maestro Domenico Tritto.
(3) Pubblicato da Michaud, tomo LVI f. 559.
(4) Partimenti e Regole generali per conoscere qual numerica dar si deve a' varii movimenti del Basso, dedicate a S. M. Ferdinando I. Milano in f.
(5) Scuola di Contrappunto ossia Teorica musicale dedicata a Sua Maestà Ferdinando I. Milano, in f.
(6) Abbiamo gia corretto questo errore del sig. de la Fage dicendo che morì di 91 anno, essendo nato nel 1733 e non nel 1785.
Ottavio Serena
I musicisti altamurani. Notizie raccolte e pubblicate da Ottavio Serena in occasione del centenario di Saverio Mercadante
Altamura, Tipografia Fratelli Portoghese, 1895
TRITTO Giacomo.
Compositore, nato ad Altamura il 2 aprile 1733. Morto a Napoli il 16 settembre 1824. A 11 anni entrò alla Pietà dei Turchini, avendo a maestri (secondo Florimo) O. Gravina (violoncello) e P. Cafaro e N. Sala (composizione) o (secondo De Napoli) L. Fago, G. G. Brunetti e G. Abos, e forse P. Cafaro e N. Sala, in qualità di «maestrini». Dal 1759 divenne maestrino, aiuto di Cafaro; nel 1785 maestro straordinario; secondo maestro di cappella nel 1793, e, alla morte del Sala, primo maestro (1799). Nel 1787 era stato eletto direttore del S. Carlo, succedendo al Cafaro, e il 1804, con Paisiello e Fenaroli, divenne direttore dei conservatori riuniti. Quando il 30 giugno 1807 l'Istituto divenne il Real Collegio di Musica la triade mantenne il direttorato, ma nel 1813, essendo stato eletto N. Zingarelli, al Tritto rimase la carica di Direttore delle scuole Esterne e quella di primo maestro di contrappunto e composizione. Fu essenzialmente un grande didatta, e, oltre ad avere scritto metodi assai importanti, egli fu il maestro di una moltitudine di musicisti, tra i quali Bellini, Manfroce, Petrella, Zingarelli, Mercadante, Meyerbeer, Florimo, Raimondi. Come compositore aveva iniziato da alunno a comporre musica sacra, campo nel quale fu veramente eccellente. Come operista esordì nel 1764 con La fedeltà in amore. «Oggi completamente dimenticato - scrive A. Mondolfo -, Tritto rivela nelle sue opere una scaltrita tecnica, ma lo spirito del personaggio e l'atmosfera della situazione non giungono a concretarsi in dialettica sonora. Nell'opera buffa la sua caratteristica è l'iterazione, il martellamento di uno stesso suono, che insieme con qualche giro melodico, sempre assai tortuoso, tende a delineare un profilo caricaturale; l'abuso di un simile procedimento esclude però la possibilità di rilievi e di quelle a giuoco serrato che il genere richiede. Nelle arie, un seguito di incisi discorsivi non si fa tema nè dà luogo ad alcuna germinazione di cellule melodiche. Il recitativo secco è debole, sia perchè si snoda con incerte modulazioni, sia perchè non aderisce perfettamente alle inflessioni del discorso; tuttavia certe conclusioni — salti di quinta burbanzosi o cerimoniosi - danno efficace rilievo alla pittura del ridicolo. Nel campo della opera seria si segnalano particolarmente i concertati. Le arie presentano talvolta temi che vorrebbero nobiltà, ma difettano di unità propulsiva: poichè la forza inventiva del Tritto e essenzialmente di natura ritmica, nelle sue opere manca totalmente il discorso melodico e, nonostante i troppo numerosi gorgheggi, il canto. Il recitativo secco è ancora più infelice che nell'opera buffa: stemperate le formule cadenziali, esso perde in eloquenza e plasticità; quello accompagnato si basa su formule strumentali asfittiche e viete. Mera funzione ornamentale ha la sinfonia, che presenta non poche citazioni di modelli mozartiani e cimarosiani; ma lo strumentale, a parte qualche intervento dei legni, poggia interamente - secondo il costume della II metà del Settecento - sul disegno del primo violino».
Opere: La fedeltà in amore, dramma giocoso su lib. di F. Cerlone (Napoli, Nuovo, 1764); Li furbi, intermezzo su lib. scon. (Napoli, Convento di S. Chiara, 1765); Il principe riconosciuto, commedia su lib. di F. Cerlone (Napoli, Nuovo, 1780); La Marinella, farsa su lib. di F. Cerlone (id. 1780); La scuola degli amanti, id. su lib. di G. Palomba (id. 1780); La Francese di spirito o La viaggiatrice di spirito, commedia su lib. di G. M. Mililotti (Roma, Argentina, 1781); La Bellinda o L'Ortolana fedele, id. su lib. di F. Cerlone (Napoli, Nuovo, 1781); Don Procopio in corte del Pretejanni, id. su lib. scon. (id. 1782); Il convitato di pietra, id. su lib. di G. B. Lorenzi (Napoli, Fiorentini, 1783); Li due gemelli, id. id. (id. 1783); La sposa stramba, id. su lib. scon. (Napoli, Nuovo, 1783); Li due gemelli e la scuffara, ripresa de Li due gemelli (Napoli, Fiorentini, 1784); Il matrimonio negli Elisi ovvero La sposa bizzarra, id. su lib. di C. G. Lanfranchi-Rossi (Roma, Valle, 1784); L'Artenice, dramma su lib. scon. (Napoli, S. Carlo, 1784); L'Arminio, id. su lib. di F. Moretti (Roma, Argentina, 1786); Le gelosie, ovvero I due fratelli burlati, commedia su lib. scon. (Roma, Valle, 1786); Li raggiri scoverti, id. id. (id. 1786); La vergine del sole, id. su lib. di C. G. Lanfranchi-Rossi (Napoli, Fondo, 1786); La molinarella spiritosa o La molinara spiritosa o La molinara, id. su lib. di S. Zini (id. 1787); Le vicende amorose, id. su lib. scon. (Roma, Valle, 1788), data anche come Le avventure delle donne ossia Le vicende amorose; La bella selvaggia, id. su lib. di S. Zini (id. 1788), ripresa come La creduta selvaggia; La scaltra avventuriera o Lo scaltro avventuriero, id. su lib. di G. Palomba (Napoli, Fiorentini, 1788); Il giocatore fortunato, id. su lib. di G. Petrosellini (Napoli, Nuovo, 1788); La pruova reciproca, id. su lib. di G. Palomba (Napoli, Fiorentini, 1789); I finti padroni, id. su lib. scon. (Roma, Valle, 1889), forse la stessa de I servi padroni; I servi padroni, id. id. (id. 1790); Il cartesiano fantastico, id. su lib. di G. M. Diodati (id. 1790); La Cantarina, id. su lib. di C. Goldoni (id. 1790); Le astuzie in amore o Le astuzie amorose, id. su lib. di G. M. Diodati (id. 1790); L'equivoco, id. su lib. di C. Fiori (Napoli, Fondo, 1791); Le trame spiritose, id. su lib. di G. Palomba (Napoli, Nuovo, 1792); Gli amici rivali, id. su lib. scon. (Vienna, Burgtheater, 1792); La fedeltà nelle selve, dramma giocoso su lib. di M. Prunetti (Venezia, S. Mosè, 1793), ripresa (Napoli, Nuovo, 1796); Le nozze in garbuglio, commedia su lib. di G. M. Diodati (id. 1793); L'ordine dal disordine, id. su lib. scon. (Napoli, S. Ferdinando, 1793); L'impostore smascherato, id. su lib. di G. M. Diodati (Napoli, Nuovo, 1794); Gli amanti in puntiglio, id. id. (id. 1794); Apelle e Campaspe, dramma su lib. di A. S. Sografi (Milano, Scala, 1795), data anche come Alessandro in Efeso; Il barone in angustie, commedia su lib. di G. Palomba (Napoli, Fondo, 1797); La donna sensibile o sia Gli amanti riuniti, id. su lib. di D. Piccinni id. 1798); Nicaboro in Iucatan, dramma su lib. di D. Piccinni (Napoli, S. Carlo, 1799); I matrimoni in contrasto o I matrimoni contrastati, commedia su lib. scon. (Roma, Valle, 1800); Ginevra e Ariodante, dramma su lib. di D. Piccinni (Napoli, S. Car1o, 1801); Gli Americani, id. su lib. di G. Schmidt (id. 1802), ripresa come Il Gonzalvo o sia Gli Americani; Cesare in Egitto, id. id. (Roma, Alibert, 1805); Elpinice e Vologeso, id. su lib. di D. Piccinni (id. 1806); Andromaca e Pirro, id. su lib. scon. (Roma, Argentina, 1807); Marco Albinio in Siria, id. id. (Napoli, S. Carlo, 1810). Di un Don Papirio, su lib. di ignoto (Napoli, 1785 e di Ginevra di Scozia, id. (Napoli, 1800), non abbiamo indicazioni precise.
Scrisse, inoltre: Cantata a 3 voci (1767); Ricorrendo il giorno della coronazione di N. S. Pio VI, componimento drammatico su lib. di L. Godard (Roma, Pal. di D. G. D'Almeida, 1790); Il disinganno, cantata su lib. di G. M. Diodati (Napoli, S. Carlo, 1799); Cantata per l'ingresso vittorioso del Re e per l'abbattimento della Repubblica (Napoli, 1799); La gara campestre, id. su lib. di G. Pagliuca (Napoli, T. di Corte, 1800); Il tempio dell'eternità, id. su lib. di B. Lamanna (id. 1801), ripresa col titolo Il tempio della gloria (id. 1801); L'omaggio pastorale, id. su lib. di G. Pagliuca (Napoli, Nuovo, 1802); I partimenti e regole generali per conoscere qual numerica dar si debba a' varii movimenti del basso (Milano, ed. Astoria, 1821); La scuola di contrappunto, ossia Teorica musicale (id. 1823), che fu celebratissimo in tutta Europa; Regole di bellamente cantare in canto fermo (1859), che rimane inedito.
Bibliog.:
Gervasoni C.: Nuova teoria di musica ricavata dall'odierna pratica, ossia Metodo... a cui si fanno precedere notizie musicali (Parma, 1812); De La Fage G. A.: Miscellanées musicales (Paris, 1844), trad. in it. (Napoli, 1850); id.: G. Tritto (in Gazzetta Musicale, Napoli, 1854); Marchese di Villarosa A.: op. cit.; Florimo F.: op. cit.; Serena O.: op. cit.; Villani C.: op. cit.; Di Giacomo S.: G. Tritto (in Orfeo, 4 novembre 1910); id.: Il Cons. S. Onofrio e quello di S. Maria della Pietà (Palermo, 1924); Bellucci M. A.: art. cit.; Faenza V.: art. cit.; De Napoli G.: G. Tritto (in La Lettura, Milano, 1924); id.: La triade melodrammatica altamurana: op. cit.; Raeli V.: op. cit.; Schmidl C.: op. cit.; Della Corte A. e Gatti G. M.: op. cit.; Enciclopedia dello spettacolo: op. cit.; Enciclopedia della musica: op cit.
Pasquale Sorrenti
I musicisti di Puglia
Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1988