LEO (Leonardo), nato in Napoli nel 1694, divide con lo Scarlatti, col Pergolesi, e alcuni altri suoi contemporanei la gloria di aver fatto levare tant'alto in tutta l'Europa la scuola di Napoli per la musica teatrale. Tra i primi autori di sì felice rivoluzione, dice Arteaga, debbono annoverarsi Alessandro Scarlatti, e Leonardo Leo, nelle composizioni de' quali incominciarono le arie a vestirsi di convenevol grazia, e melodia, e fornite si veggono d'accompagnamenti più copiosi e brillanti: Il loro andamento è più spiritoso, è più vivo che non soleva essere per lo passato: donde spicca maggiormente il divario tra il recitativo, e il canto propriamente detto. Le note però, e gli ornamenti sono distribuiti con sobrietà in maniera, che senza toglier niente alla vaghezza dell'aria, non rimane questa sfigurata dal soperchio ingombro (t. 2). Leo fu per più anni maestro del Conservatorio della Pietà, dove ebbe per discepoli Trajetta, Jommelli, Caffaro e moltissimi altri celebri compositori del secolo 18º, che quali novelli prodigj ammirar si fecero da tutta l'Europa. Comechè il genio di questo grande artista lo portasse per preferenza alle composizioni nobili, e patetiche, ebbe anche del successo nelle opere buffe, e tra le di lui opere in questo genere si distingue quella che aveva per titolo: Il cioè. Erane il soggetto un uomo, il cui abitual ghiribizzo era di aggiungere un cioè a tutto quel che diceva, e per volere spiegar tutto, ne diveniva più oscuro. Egli scrisse ancora molta eccellente musica per chiesa. Il distintivo carattere di questo gran maestro era il grandioso, il sublime. Cotesta qualità eminentemente riluce nel suo Miserere, ove si ammira una scienza profonda del contrappunto, una nobiltà, e chiarezza di stile, l'arte di condurre con naturalezza ed abilità insieme le imitazioni, e le modulazioni, che danno alla scuola di Napoli una distinta maggioranza su tutte le altre scuole di musica. Leo aveva somma diligenza nel far eseguire la sua musica. Dicesi che dovendo far sentire questo suo Miserere nella settimana santa, cominciavane i concerti nel mercordì delle ceneri, e proseguiva così tutt'i giorni colla massima attenzione sino al termine stabilito. Egli morì immaturamente di apoplesia nel 1745, di sua età 51. Mio padre, ch'ebbe la sorte di averlo avuto per maestro, raccontava che egli era stato trovato morto una mattina sul suo cembalo, e che fu incredibile il lutto di tutto il conservatorio alla nuova di sua morte: che egli non lasciava mai di portare al dito un anello d'ingente somma statogli regalato dall'imperatrice delle Russie, e che era di bella figura, e di nobil portamento.

Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814


LEO LEONARDO DE celebratissimo maestro di Musica della Città di Napoli, ed uno de' caposcuola del secolo XVII. Nacque nel 1694 nella terra di S. Vito degli Schiavi della Provincia di Lecce. Nulla si sa de' suoi genitori, e per qual motivo si fosse portato in Napoli.
È noto soltanto che apprese la Musica nel Conservatorio della Pietà de' Turchini sotto la direzione di Nicolò Fago detto il Tarantino nel tempo ch'era maestro della real Cappella il Cav. Alessandro Scarlatti. De Leo dopo Vinci, Pergolesi, Sarri, Feo, Carapella, e Fago venne a contendere a Durante il primato fra i maestri della Musica, perlochè anche fin oggi da dilettanti, e professori della medesima, se ne parla con dovuta lode.
Si dice che niun Compositore de tempi suoi abbia dato alla Musica quella sublime elevazione, e quella nobile maestà che fanno il carattere principale della Musica di Leo. Il patetico nobile regna in tutte le sue composizioni sacre, e profane. Nelle produzioni buffe non ricorre alla scurrilità, ma serba una grazia e venustà, che sempre alletta. Il suo temperamento, e 'l suo carattere serio e sensibile lo portava a tal genere di Musica; e perciò preferiva sempre quando bisognava i tuoni cromatici, e maestrevolmente se ne avvaleva. Univa tutta la difficoltà di sostenere un tal genere di Musica, specialmente in quella di Chiesa, con tutta la dolcezza e facilità, che sono del più grande effetto anche nelle composizioni le più raffinate; quindi per le espressioni, e pel gusto Leo sarà celebre in tutti i tempi. Tante doti naturali erano accompagnate dalla profonda cognizione dell'arte sua, e meritamente dagli intendenti è stato al sommo ammirato. Appena terminata nel Conservatorio la carriera di apprendente, fu ivi in luogo del Rev. D. Giacomo Sarcuni, passato a maestro di cappella della Cattedrale, nominato secondo maestro, essendone il primo Nicolò Fago detto il Tarantino. Uscì il Leo dal Conservatorio nel 1716 per essere stato eletto organista della real Cappella; ed appena uscitone gli si porse favorevole opportunità di acquistar nome, e far mostra de' suoi talenti. Perciocchè ebbe l'occasione di mettere in Musica alcune cantate eseguite in presenza del vice Re, e vice Regina di quel tempo, che riscossero, specialmente dalla nobiltà, lusinghieri encomii. Negli anni qui sotto notati compose le seguenti Musiche.
Nel 1716 una serenata a 4 voci per lo giorno natalizio di Leopoldo Arciduca d'Austria, che avea per titolo il gran giorno di Arcadia.
Nel 1717 un'altra serenata pel nome della vice Regina Contessa Daun eseguita nel real palazzo intitolata Diana amante.
Nel 1718 le nozze in danza favoletta pastorale da cantarsi in casa del Principe di S. Nicandro per le nozze di D. Domenico Cattaneo Duca di Casalmaggiore figlio di detto Principe, e di D. Giulia di Capua Duchessa di Termoli.
Nel 1719 una serenata in lode del Cav. Giorgio Bingh plenipotenziario del Re d'Inghilterra eseguita dal Cav. Nicola Grimaldi, nella cui casa si cantò, e da Marianna Benti Bulgarelli detta la Romanina.
Nell'anno istesso la Sofonisba per lo teatro S. Bartolomeo.
Nel 1720 Cajo Gracco poesia di Stampiglia per l'istesso teatro.
Nel 1722 Bajazette rappresentato in Napoli nel real palagio.
Nell'istesso anno il Tamerlano eseguito anche nel real palagio.
Nel 1723 il Timocrate del Lalli.
Nel 1724 l'oratorio che avea per titolo dalla morte la vita, cantato nella congregazione del Rosario nel chiostro di S. Caterina a Formello.
Nel 1725 Zenobia in Palmira dramma di Apostolo Zeno per lo teatro S. Bartolomeo, ed anche per l'istesso l'Astianatte del Salvi cantato dalla Tesi e Farinelli.
Nel 1726 la somiglianza per lo teatro de' fiorentini, e l'Orismane, o vero dagli sdegni gli amori opera semiseria per lo teatro nuovo.
Nel 1731 intermezzi nell'Argene. Nel 1732 Catone del Metastasio in Venezia. Vi cantarono il Cav. Grimaldi, Domenico Gizzi, la Facchinelli, e Carlo Broschi detto Farinelli.
Nell'anno medesimo scrisse la morte di Abele del Metastasio, e nell'anno seguente Santa Elena al Calvario cantate nel real palagio per ordine del Vicerè Conte di Harrac, ch'ebbero un singolare applauso.
Nel 1733 amore dà senno per lo teatro nuovo.
Nel 1735 Emira per S. Bartolomeo con intermezzi.
Nel 1736 onore vince amore per lo teatro de' fiorentini.
Nel 1737 la simpatia del sangue poesia del Trinchera per lo teatro nuovo.
Nel 1741 l'Alessandro poesia del Federico per lo teatro de' fiorentini, ed il Demofoonte nel nuovo real teatro di S. Carlo, ove cantò la prima volta il Cafarelli.
Nel 1742 l'Andromeda, ivi.
Nel 1744 la finta frascatana per lo teatro nuovo, poesia del Federico, che non terminò prevenuto dalla morte, e compita dal maestro Matteo Capranica.
Compose anche la Musica per gli drammi seguenti -- il Ciro in tre atti -- lo matrimonio annascuso -- amor vuol sofferenza -- Evergete in tre atti -- Siface -- Alidoro -- Alessandro nell'Indie -- il Medo -- Argene in tre atti -- Nitocri Regina di Egitto -- l'Olimpiade -- il Pisistrato l'Andromeda -- il trionfo di Camilla -- le nozze di Psiche festa teatrale.
Fece il Leo per lo Conservatorio sei libri di solfeggi, due per canto, due per alto, due per basso; due libri di partimenti per cembalo -- due di fughe per organo -- un Magnificat a 4 voci con violini -- un Dixit a 5 voci con violini, e viole -- e due opere sacre S. Chiara, e S. Alessio cantate dagli alunni dell'istesso Conservatorio nel monastero di S. Chiara, avanti la porta.
Fu chiamato in Torino ove pose in Musica lo dramma del Metastasio Achille in Sciro; e vi dovè andare per ordine del Vicerè con tutto che fusse maestro della real Cappella. Incontrò tanto, che quel Sovrano mostrò piacere di avere qualche sacro componimento musicale del Leo; sicchè il medesimo in due settimane pose in Musica il Miserere per due cori ad 8 che piacque tanto, che il Sovrano medesimo oltre di averlo ricolmato di doni, gli fece dopo esser tornato in Napoli un assegnamento di cento once l'anno; della qual munificenza godè poco, essendo presto mancato di vita.
Di un tal Miserere eseguito nella real Cappella di Torino con tanto felice successo se ne seppe la notizia in tutta l'Italia, ed ancora in Napoli. Nel ritorno che vi fece il Leo, gli alunni del Conservatorio della Pietà lo pregarono di permetter loro che ne traessero copia. Venne ciò dal maestro ragionevolmente negato, non convenendo dar fuori una composizione fatta per espresso comando di un Sovrano, che l'avea largamente rimunerato.
Ma gli alunni oltremodo desiderosi di avere una tale composizione trovarono un niente plausibile modo come averla. Uno di essi più astuto e del maestro confidente osservò il sito dove il Miserere era riposto, e di nascosto presolo, lo divise fra compagni, che immantinente lo trascrissero: indi avendolo fra di loro concertato, invitarono il Leo ad udirlo cantare. Quanto costui rimanesse sorpreso per simile insolenza, ciascuno potrallo facilmente comprendere, non avendo potuto affatto indagare chi l'autore ne fosse stato. Ma indi credè cosa migliore prender la cosa in burla, ed egli stesso si adoperò per concertare i modi, ed i tempi per la perfetta esecuzione del medesimo: e da quel tempo in poi continuò a cantarsi nella Chiesa della Pietà de' Turchini, finchè ne fu surrogato un altro del Jommelli a quattro voci alla Palestrina composto per la Basilica di S. Pietro di Roma; ma si seguitò nondimeno in una delle tre sere della settimana santa a cantare il Miserere del Leo, come quello che veniva generalmente applaudito. Una tale sublime produzione conservasi tuttavia in S. Pietro a Majella.
Fra le carte di Chiesa composte da Leo sono da numerarsi tre Dixit, due de' quali furono a 10 voci, uno nel 1741, e l'altro nel 1742. Queste due produzioni riuscirono veramente eccellenti; ma la Messa a 5 voci composta nel 1743 per la Chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli alla quale dovea assistere come maestro della real Cappella, è oltremodo sublime. Dippiù un Magnificat a 4 voci -- una cantata latina per soprano consistente in due arie con recitativo scritta per Cafarelli -- un mottetto a più voci con tutti gli strumenti, che conteneva un pieno a 5 voci -- un'aria per alto, altra per tenore, la terza per soprano, un terzetto, e finalmente l'ultima aria per canto preceduta da un bel recitativo strumentato -- un Pange lingua a 4 con violini e viola -- un responsorio di S. Antonio di Padova a 4 -- Messa a 4 voci alla Palestrina -- lezioni per la settimana santa -- un Te Deum -- un Magnificat a 4 voci -- toccate per cembalo e partimenti -- altri partimenti -- fuga per voce di soprano -- sinfonia a quartetto -- solfeggi per soprano, e per contralto, e finalmente quanto occorse per la real Cappella, che fu di non poco giovamento a tutti i maestri della medesima, che furono suoi successori. Non solo il Leo avea appresa nel Conservatorio l'arte del canto, del cembalo, e del contrappunto sotto Nicola Fago, ma studiò ben anche ed esercitavasi a sonare il violoncello. Scrisse per questo strumento fra l'altro sei concerti originali da lui composti per servizio del Duca di Maddaloni nel 1737 e 1738, perchè forse godeva la protezione di detto Cavaliere, come prima di lui l'avea goduta fino al 1736 l'immortal Pergolesi (che morì nell'abitazione di questa nobile famiglia in Pozzuoli nel Convento de PP. Francescani dalla medesima fondato). Finì di vivere il Leo nel 1744 colpito da apoplessia, mentre scrivea un'aria buffa che dovea cantare Geronimo Piano nel teatro nuovo, la quale cominciava così; voi par che gite di palo in frasca, di frasca in palo, nell'opera la finta frascatana, terminata poi dal maestro Matteo Capranica, come si è detto. Fu il Leo di temperamento igneo, di color bruno, di occhi vivaci, non alto di statura, di serio ma non inurbano contegno, faticoso all'eccesso, impiegando talvolta le intere notti scrivendo, e secondando il suo estro armonico senza sentir stanchezza. Amava le sue produzioni, ma non disprezzava quelle de suoi compagni, onde acquistossi la benevolenza di tutti; e per tal cagione la morte di lui fu generalmente compianta, lasciando di se, e della sua scuola una eterna rimembranza in Napoli non solo, ma anche in altre capitali di Europa.

Carlantonio de Rosa marchese di Villarosa
Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli
Napoli, dalla Stamperia reale, 1840