JOMMELLI (Niccola) nacque nello stesso anno che Gluck nel 1714, in Aversa, città nelle vicinanze di Napoli, dove studiò i primi elementi della musica sotto il canonico Muzzillo. In età di sedici anni fu messo in educazione in Napoli, nel conservatorio de' Poveri di Gesù, e di poi nell'altro della pietà sotto i bravi maestri Prota e Feo: ma non contento ancora di questi, cercò il Jommelli d'apprender da Leo il grande, il sublime della musica, e ben si scorge dagl'intendenti, che egli ha fatto grandissimo studio sulle carte del gran Leo, e che spesso ha rivestito di miglior colorito gli stessi disegni del suo precettore. Costui già uomo di una riputazione ben stabilita, e superiore all'invidia, nel 1736 in occasione, che si concertava una cantata del Jommelli in casa di una di lui discepola, trasportato dal piacere, e quasi fuor di se, Signora, le disse, non passerà molto, e questo giovane sarà lo stupore, e l'ammirazione di tutta Europa. Leo andò dunque più volte a sentir quella musica nel teatro nuovo, predicando, che i suoi presagi si sarebbero in brieve avverati. L'Odoardo scritto da Jommelli all'età di 24 anni pel teatro de' Fiorentini ebbe maggior incontro: la fama cominciò a divulgare il suo nome fra gli esteri, e fu chiamato in Roma nel 1740, sotto la protezione del cardinale duca di York. Scrisse ivi il Ricimero, e nel seguente anno l'Astianatte pel teatro di Argentina col più felice successo. Nell'anno stesso chiamato in Bologna scrisse l'Ezio, e mentre colà dimorava non trascurò di frequentare il P. Martini: giuntovi appena andò egli a ritrovarlo senza farsi conoscere, pregandolo di ammetterlo tra' suoi scolari. Gli diede il Martini un soggetto di fuga, e nel vederlo così eccellentemente eseguito: Chi siete voi, gli disse, che venite a burlarvi di me? anzi vogl'io apprender da voi.― Sono Jommelli, sono il maestro, che deggio scriver l'opera in questo teatro: imploro la vostra protezione. Il severo contrappuntista, gran fortuna, rispose, del teatro di avere un maestro come voi filosofo; ma gran disgrazia è la vostra di perdervi nel teatro in mezzo ad una turba d'ignoranti corruttori della musica. Jommelli confessava di aver molto appreso da quest'illustre maestro, e specialmente l'arte d'uscire da qualunque imbarazzo, o aridità, in cui si fosse ridotto un maestro, e di trovarsi in un nuovo spazioso campo a ripigliare il cammino, quando si credea, che più non ci fosse dove andare. Espressioni sincere, dice il Mattei, che io ho inteso più volte da lui medesimo, ed egualmente mi confessava, che al Martini mancava il genio, e che suppliva coll'arte laddove mancava la natura. Dopo di avere scritto il Jommelli nuovamente in Roma ed in Napoli con incredibili applausi, fu chiamato in Venezia, ove la sua Merope ebbe tal riuscita, che quel Governo, per quivi stabilirlo, lo diè per maestro al Conservatorio delle figliuole, per il quale scrisse varj pezzi di musica sagra, e deesi tra questi rimarcare il Laudate pueri a due cori di 4 soprani e 4 contralti, la cui esecuzione, dopo quasi 70 anni ch'è scritto, riempie tuttora di ammirazione, e di diletto e il volgo, e i dotti; egli è un capo d'opera di espressione e d'armonia. Nel 1749, scrisse l'Artaserse per l'Argentina in Roma, e l'oratorio della Passione per il cardinale di York: fu chiamato in quello stesso anno in Vienna, per scrivervi l'Achille in Sciro e la Didone. Fu incredibile il piacere del Jommelli, che desiderava di abboccarsi col gran Metastasio, prender lumi da lui, come quegli che co' suoi drammi avea contribuito a far tant'alto levare la musica. Con lui passò egli tutto il tempo che dimorò in Vienna, e vantavasi quindi molto più aver egli appreso dalla conversazione di quel divino poeta, che dalle lezioni del Feo, del Leo, del Martini. Egli stesso fatti aveva de' buoni studj e componeva con felicità de' buoni versi. Profittò ancora più dopo alcune istruzioni del Metastasio, ed ecco come della sua musica della Didone, composta in Vienna, scrisse allora quel gran poeta alla sua principessa di Belmonte: Andò in iscena la mia Didone, ornata d'una musica, che giustamente ha sorpresa ed incantata la corte. È piena di grazia, di fondo, di novità, di armonia, e sopra tutto di espressione. Tutto parla sino a' violoni, e a' contrabassi. Io non ho finora in questo genere inteso cosa, che m'abbia più persuaso. In un anno e mezzo di sua dimora in Vienna, Jommelli ebbe più volte l'onore di accompagnare al cembalo l'Imperatrice M. Teresa, la quale fece levar via lo sgabello senz'appoggio, e sostituire una sedia per lui: lo colmò di doni, tra' quali un anello col di lei ritratto guernito di grossi brillanti. Il gran Lambertini nel 1750 vacando il posto di maestro di S. Pietro, volle che l'occupasse il Jommelli, a preferenza di tanti bravi concorrenti sì romani, che esteri: ed egli nel solo spazio di tre anni, dopo i quali rinunziò a quell'onorevole posto, arricchì di moltissime carte la musica di chiesa. Può leggersene il lungo catalogo nell'elogio di lui scritto dal Mattei, a cui ci rimettiamo eziandio per il rimanente delle sue composizioni da teatro e da chiesa, scritte dopo quell'epoca per le Corti di Stuttgart, di Madrid, di Lisbona, di Torino e di Napoli. Ma Napoli questa ingrata patria, Napoli fu l'occasione della morte di sì grand'uomo. La sua Ifigenia scritta per quel teatro nel 1773, e pessimamente eseguita in sua assenza, diè campo alla malevolenza e all'invidia di scagliarsi contro al suo autore come già per vecchiezza rimbambito e disutile. Il disgusto ch'egli ne risentì, malgrado la sua filosofica moderazione, gli cagionò un accidente di apoplesia, da cui non perfettamente rimesso scrisse tuttavia il divino suo Miserere tradotto in versi italiani dal Mattei, a due voci, col solo accompagnamento di due violini, violetta e basso, capo d'opera dell'arte, ed immortale come lo Stabat del Pergolese, di cui poteva veramente vantarsi l'autore: Exegi monumentum ære perennius... Non omnis moriar. Era scorso già un anno, quando un secondo colpo di apoplesia lo tolse di vita a' 25 agosto del 1774. Fu egli di ottimi costumi, buon cristiano, buon cittadino, e di una coltura non ordinaria fra le persone del suo mestiere. In mezzo a' furori dell'invidia, ei non seppe dir mai una parola contro di alcuno: modesto ne' suoi giudizj, superiore alla rivalità non negò i dovuti elogj ai gran maestri suoi contemporanei. Egli era di grande e corpulenta persona; il dot. Burney, che lo vide ne' suoi viaggi, dice ch'ei singolarmente rassomigliava a Hendel, ma che era molto più di costui pulito ed amabile. La di lui musica si distingue per uno stile tutto suo proprio, per una immaginazione sempre feconda di nuovi concetti sempre lirici, e di voli veramente pindarici: egli passa da un tuono all'altro d'una maniera tutta nuova, inaspettata e dottamente irregolare: se pecca alle volte di troppa arte e difficoltà, la sua difficoltà è del genere di quella di Pindaro; non tutti sono in grado di comprender Pindaro e molto meno d'imitarlo. Pindaro vola per mezzo alle nubi, chi si fiderà di seguirlo? diceva Orazio. (Mattei, elog. di Jomm.) Ecco quel che conciliò al Jommelli gli elogj de' conoscitori e de' filosofi, e gli fè perdere alle volte quelli del volgo.

Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814


JOMMELLI NICOLA. Nacque in Aversa nel dì 11 settembre 1714 da Francesco Antonio, e da Margarita Cristiano.
Il padre ricco negoziante di telerie avendo un altro figliuolo pensò dare ad entrambi una decente e civile educazione, facendo loro apprender le umane lettere con ottimo metodo; ed indi affidolli alla cura di un sacerdote capo coro di quella Cattedrale, acciò ad amendue avesse insegnati i principii della Musica. Ma dopo qualche tempo trascorso, il buon prete disse al padre che il solo Nicola mostrava di aver talento per la Musica, e che doveva andare in Napoli per andare allogato in qualche Conservatorio, perchè ivi facilmente avrebbe fatto riuscita, e poteva migliorar la sua condizione. Entrò dunque il Jommelli nel Conservatorio di S. Onofrio sotto la direzione di Durante: ma essendo ivi insorto qualche disturbo, fu dal padre di là tolto, e posto in quello della Pietà de Turchini, dove incominciò il tirocinio musicale sotto la direzione di Nicolò Fago detto il Tarantino. Intanto Jommelli non era contento di tali sublimi maestri, il merito de' quali non conosceva abbastanza, onde avido d'imparare andava vagando per tutti i maestri, e volendo apprendere da ciascun di loro, finalmente s'imbatté con un tal Ignazio Prota maestro non di gran nome, ma gran conoscitore de' misteri dell'arte, ed a qualche suo amico confessò che a costui doveva moltissimo. Egli fu invitato nel 1737 a scrivere la Musica per lo teatro nuovo del dramma l'errore amoroso, che dovette piacer moltissimo, poichè nel 1738 fu chiamato a comporne un altro intitolato l'Odoardo. Divulgatosi il valor di lui, fu chiamato in Venezia, e prima di condurvicisi si portò in Bologna, e presentossi a quell'Istituto per esservi ammesso; lo che ottenne dopo di aver ivi composto una cantata latina a guisa di mottetti, con una introduzione a più voci, diverse arie, ed un'Alleluja in una fuga con arte somma condotta a quattro, non da giovane, ma da Compositor provetto.
Volle portarsi in Roma nel 1741, e colà scrisse l'Astianatte; e poscia passò in Venezia ove pose in Musica la Merope, che meritò un generale applauso, per lo che da quel Governo fu scelto per maestro del Conservatorio di donzelle detto l'Ospedaletto, per lo quale scrisse moltissime composizioni, fra le quali meritano di esser rammentate una Messa a 4 cioè due canti e due alti con violini, e viole; ed un Laudate pueri ad 8 per due cori, cioè due canti e due alti per ciascun coro, e due violini, e viola, che gli costarono non poca fatica.
Nel 1746 scrisse per lo teatro di argentina di Roma la Didone, e fatto ritorno in Napoli compose la Musica per lo dramma l'Eumene rappresentato nel teatro di S. Carlo. Nell'istessa Città compose nel 1748 per lo teatro de' fiorentini l'amore in maschera, intitolandosi nel libretto accademico filarmonico di Bologna. Da Napoli si trasferì in Vienna dove compose la Musica di due drammi, ne quali cantò Caffarelli, cioè la Didone, e l'Achille in Sciro; ed in tutto il tempo che ivi si trattenne contrasse somma familiarità col gran Metastasio da cui trasse sommo profitto. Ritornato in Roma nel 1749 per secondare il volere del Cardinale Duca di Yorch, mise in Musica l'oratorio del Metastasio la passione del Signore, produzione che per l'eleganza e sublimità specialmente nel duetto e ne' cori rendè il nome di Jommelli immortale. In tale epoca il Pontefice Benedetto XIV scelse Jommelli per coadiutore di Bencini maestro di cappella di S. Pietro che era divenuto vecchio, non senza disgusto de' maestri di Musica romani. Negli anni 1752 e 1753 fu obbligato a scriver le Musiche per diversi teatri d'Italia, e confessò che somma difficoltà incontrò nel ripigliar lo stile teatrale. Scrisse adunque la Semiramide per Piacenza -- l' Ipermnestra per Spoleto -- l'Attilio Regolo, e la Talestri per Roma -- il Bajazette per Torino -- il Demetrio per Parma, ed altre; ed in questo tempo fu, solo per far presto, che replicò qualche suo pensiero di cui si era altra volta avvaluto.
In tal tempo fu chiamato al servizio del Duca di Wittemberg, che aveva formato un teatro, di cui il simile non si era veduto in Europa, sia per li migliori cantanti e sonatori, sia per li migliori ballerini, sia finalmente per lo scenario veramente magnifico. Il solo Jommelli fu scelto per Compositor di Musica, la qual cosa non troppo gli andava a cuore, perchè doveva piacere ad un solo intendente qual'era il Duca, nè avea altri Compositori da poter superare. Nel 1758 fu rappresentato nel detto teatro l'asilo d'amore del Metastasio con sua Musica, ed in altra stagione dell'anno istesso l'Ezio dell'istesso immortal poeta scritto con le sue note. E negli anni seguenti compose ancora la Musica per detto teatro degli drammi l'Ezio -- l'Endimione - il trionfo d'amore -- la Nitteti -- l'Alessandro nell'Indie -- l'isola disabitata -- la Semiramide -- il Demofoonte -- il Re pastore. E pel Ducal teatro di Lovisbourg compose la clemenza di Tito -- per lo stesso il Vologeso -- il matrimonio per concorso. Ed oltre di questi i seguenti: il Pelope -- Enea nel Lazio -- l'Olimpiade -- la pastorella illustre - il Fetonte (che fu l'ultima opera per lo teatro di Vittemberg) oltre di due giocosi cioè la schiava liberata, e il cacciatore deluso. In tutte tali drammatiche composizioni Jommelli si acquistò una somma rinomanza, essendo state tutte generalmente applaudite, ed in particolarità da quel Duca regnante di Musica, come abbiam detto, intendentissimo. Ritornato finalmente in Napoli i Conservatorii fecero premura per averlo per loro maestro e direttore; e molti Ordini religiosi lo desideravano per maestro di cappella delle loro Chiese. Ma con questi si scusò di non aver più seco Musica di Chiesa istromentata, dicendo che avrebbe dovuto impiegar molto tempo per iscriverla di nuovo. Intanto il Re di Portogallo che lo desiderava pel suo teatro, essendosi invecchiato Perez che stava al servizio di quel Monarca, gli fe proporre che stando in Napoli avesse scritto due opere ed una cantata in ogni anno, assegnandogli 1200 ducati annui di pensione, 300 zecchini per ogni opera, e 100 per una cantata, oltre la carta, e spese di posta. In tal guisa molto agiatamente viveva con la sua famiglia in Aversa sua terra natale, ove elesse fare il domicilio. Colà avendo trasportato il suo ricco mobilio portato dalla Germania, passava talvolta la primavera nella così detta infrascata di Napoli, e l'autunno in pietrabianca luogo vicino alla Città medesima. Fu spinto in tal tempo a scriver per lo teatro di S. Carlo il dramma dell' Armida poesia di D. Francesco Saverio de Rogati (valente poeta in quel tempo, indi passato per varii gradi di magistratura al grado di Consigliere di Cassazione), il quale dramma ottenne somm'approvazione e compiacimento dal pubblico, del che gli emuli, suoi ne risentirono positiva gelosia.
Fu invitato a scriver di nuovo per l'istesso teatro e compose la Musica pel Demofoonte del Metastasio; ma gli emuli suoi medesimi s'impegnarono a tutto potere di discreditar questa Musica, al che non riuscirono in tutto.
Scrisse per la terza volla un dramma composto da un suo amico di cognome Verazi, che avea conosciuto in Wittemberg, intitolato Ifigenia in Tauride. Ma questa ultima produzione del Jommelli, a differenza delle due precedenti, fu generalmente vituperata. Tal non preveduto dispiacere sofferto dal Jommelli si credette che gli avesse cagionato un colpo di apoplessia, che gli tolse la metà della vita, e particolarmente la parte destra, che lo rendè inabile a poter scrivere. Ma dopo lunga e penosa cura acquistò il moto della mano destra e potè scrivere una Messa per lo Re di Portogallo con l'ajuto nel distenderla di un suo amico. In tale stato di miglioramento fu invitato di scriver la cantata Cerere placata in occasion della magnifica festa data dal Duca d'Arcos venuto espressamente dalla Spagna per tenere al sacro fonte in nome di quel Sovrano la figlia primogenita di Ferdinando IV. La cantata fatta per tale veramente magnifica e splendida occasione riuscì al sommo perfetta in tutte le sue parti, e la sceltissima udienza ne fu estremamente contenta; e quel Legato estraordinario fè dono al Jommelli di una cedola di mille scudi, e di una repetizione d'oro, tanto restando appagato di quella Musica. A premura poi del suo grande amico Mattei egli compose la Musica per un Miserere a 2 voci per due cantanti di prim'ordine da lui tanto stimati, cioè Aprile, e la de Amicis, che fu eccellentemente eseguito nel mercoledi santo del 1774 con infinito concorso di numerosa e colta udienza. Ed in ciò potè in tutto somigliarsi al Pergolese, poichè come colui terminò i suoi giorni con la Musica dello Stabat, così Jommelli gli terminò con quella del Miserere. Copie di tali Musiche mandò al Re di Portogallo insiem con quella della Clelia, che aveva composto per incarico di quel Sovrano.
Ma mentre sembrava quasi ristabilito nella notte de' 25 Agosto 1774 mentre era per coricarsi fu sorpreso da nuovo accidente che gli tolse in un momento la vita.
Un di lui fratello Agostiniano ebbe cura di farlo con decenza sotterrare nella Chiesa di S. Agostino alla Zecca nella cappella di S. Tommaso da Villanova, ove fu sepolta anche la moglie Vittoria Ricci di Rocca Gorga dello Stato romano. Il primo maestro del duomo di Napoli ebbe l'amichevole cura di fargli un magnifico funerale nella detta Chiesa di S. Agostino, con sontuoso mausoleo, essendo tutta la Chiesa illuminata e parata a bruno, con Musica di Nicola Sabatini a due orchestre eseguita da tutti i professori musici così napoletani che stranieri, avendo voluto tutti concorrere a tal lugubre funzione per dare un pubblico attestato di stima per sì insigne defunto maestro dell'arte armonica. Le inscrizioni furon composte dal ch. Saverio Mattei di Jommelli amicissimo, che ne distese le memorie della vita unite a quelle del Metastasio (Colle 1785 in 8.°). Alla somma valentia nella Musica di Jommelli si unì mirabilmente l'eccessiva bontà del cuore. Niente invanito degli allori che si aveva meritati per tante applauditissime produzioni, non cercava egli stesso lodarle; e se lodate venivan da altri in sua presenza, cercava in bel modo troncare il discorso. Di tutti i maestri di Musica suoi contemporanei parlò sempre con somma stima, nè notò in essi il menomo difetto. Lodava la fecondità originale del Picinni, la facilità gioconda del Sacchini, la vivace novità del Paesiello, la dottrina armonica del Cafaro, l'esperienza teatrale del Brunelli, la filosofica economia del Gluk, e la giusta misura del Sassone. Ma l'azione più gloriosa del Jommelli, e che merita più di qualunque altra di essere encomiata, fu quella di restituire all'impresario del teatro di S. Carlo duc. 600, quanto aveva importato la spesa del dramma l'Ifigenia, dicendo ch'essendo stato tolto per colpa sua, doveva aver riguardo all'interesse di colui, che aveva subita una seconda spesa. Atto magnanimo e generoso, che non so se in altri tempi si sia veduto il simile.
Le Musiche composte dal Jommelli per quanto mi è riuscito sapere sono le seguenti: Musiche sacre.
Laudate pueri Dominum a 4 reali e 4 soprani di concerto per S. Pietro -- Dixit ad 8 con 2 violini, 2 viole, e basso -- l'offertorio e seguenza per la Pentecoste -- Confirma hoc Deus a 5 -- il graduale in anniversario dedicationis Ecclesiae -- il graduale e seguenza della Pentecoste Emitte Spiritum tuum, ed il Veni Sancte Spiritus -- l'inno per la festività di S. Pietro ad 8 col coro su la cupola -- il Veni Creator Spiritus a canto solo con ripieni a 4 con violini -- graduale Justus ut palma florebit a canto solo con ripieni a 4 con violini -- graduale per la natività della Vergine Benedicta et venerabilis es Maria -- graduale Discerne causam meam a 4 con violini -- responsorio Regnum mundi a 2 con ripieni e 4 violini, e viola -- Victimae paschali a 6 senza stromenti -- salmo Gredidi come sopra -- il graduale con la seguenza per la festa del Corpo del Signore Oculi omnium, e Lauda Sion -- un Beatus vir -- un Te Deum -- due Miserere uno per S. Pietro, e l'altro per la cappella Sistina -- ed una Messa de morti. Scrisse gli oratorii sacri seguenti: l'Isacco -- Betulia liberata -- la passione del Signore -- la natività della Vergine per i PP. Filippini di Roma. Tre diversi. Le opere serie composte dal Jommelli oltre a quelle nominate sopra, sono Ifigenia in Aulide per Napoli -- Temistocle per Napoli -- Artaserse per Roma -- il trionfo di Clelia ouverture con violini e violette. A queste debbonsi aggiugnere diverse opere buffe, cioè Don Trastullo intermezzo per Roma - l'errore amoroso per lo teatro nuovo di Napoli.

IN MORTE
DI
NICOLA JOMMELLI.
Sonetto di ENNIO QUIRINO VISCONTI.
Anfion (1) qui giace! E sparger morte il fero
Tosco potè nell'Apollineo petto?
E i rei silenzi nell'inteso al vero
Dott'orecchio, e il pallor sul grave aspetto?
E l'aure armoniose il truce e nero
Fantasma e 'l volo micidiale han retto?
L'aure, che appreser dal suo plettro altero
Della pietà le note, e del diletto?
Melpomene impotente, a che sei Diva
Se lui, che dolce a' cuor la via si aperse
Torcer non puoi dalla funesta riva?
Alma Calliope usa a domar l'avverse
Parche, del tuo fulgor, che i nomi avviva,
Sien l'atre sepolcrali ombre disperse.
(1) Anfione Eteoclide nome avuto dal Iommelli nell'Arcadia di Roma.

Sonetto di FILIPPO TARDUCCI.
Partenope real, che chiudi in seno
L'ossa onorate dal cantor di Manto,
E che dal monte del trojan Miseno
L'additi al vago passeggier per vanto,
Perchè sul nuovo Anfion compisti appieno
L'ultimo ufficio del materno pianto,
In sacra urna l'accogli, e serba almeno
Il cener muto a quel gran vate accanto.
Ambi avranno di lode ugual misura,
Perchè nell'inegual dolce periglio
Ambi vinsero l'arte, e la natura.
Ma pur volgendo alle due tombe il ciglio
Saprà per gloria tua l'età futura,
Che quello era stranier, quest'è tuo figlio.

Del medesimo.
Cada Jommelli; morte in fiero aguato
Disse, e al cenno severo invan si oppose
La Dea, che al nuovo Anfion, vegliava a lato
Con lira, e cifre al comun guardo ascose.
Ma col ciglio del pianto ancor bagnato,
Che all'acerba del cor doglia rispose,
Baciò tre volte in fronte il figlio amato,
E in fosca nube nel partir si ascose.
Allor fu, che la donna all'uom nemica
Il gran colpo vibrò; nè pria concesso
⁠A lei fora l'usar la forz'antica;
Che se temprava ancora a lui d'appresso
La Diva il suon dell' aurea lira amica,
Mai non cadea per man di morte oppresso.

Sonetto di CLEMENTE FILOMARINO de' Duchi della Torre.
Itene in sen del Cretico Oceano
Fole del menzogner popolo Acheo,
Ah non è ver, che l'armonia poteo
L'infausto edificar muro Tebano,
Nè potè cinto ancor del frale umano
Col grato suon l'innamorat' Orfeo
Scendere al muto regno Acheronteo,
E lo stigio placar rege inumano.
Che or del nuovo Anfione a l'armonia
Il ferro struggitor la cruda Parca
Sovra il fuso fatal sospeso avria.
Ma ohimè! pel guado, che non ha ritorno
Ei già varcò la ferruginea barca;
Ah cruda morte! ahi lagrimevol giorno!

Carlantonio De Rosa marchese di Villarosa
Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli
Napoli, dalla Stamperia reale, 1840