Giuseppe Vecchi (S. Giovanni in Persiceto, 26.XI.1912 - Bologna, 1.VI.2007).

Polifonia d'intenti
Giuseppe Vecchi ha studiato a Bologna, laureandosi in Lettere nel 1939 e in Filosofia nel 1941 (fra i suoi maestri spiccano i nomi invero venerati di Carlo Calcaterra e Ugo Sesini). Dopo vari anni di insegnamento nella scuola media superiore, è diventato libero docente di Letteratura latina medievale nel ’51 e di Paleografia musicale nel ’55; e nel giro di pochi anni è salito in cattedra: nel 1955 alla Cattolica di Milano e nel 1958 all’Università di Bologna per l’insegnamento di Storia della musica. A Bologna ha fondato e organizzato la Scuola di perfezionamento in musicologia, l’Istituto di studi musicali e teatrali (I.M.E.T.), il coro del «Collegium Almae Matris», le riviste «Quadrivium» e «Subsidia musica veneta», l’associazione A.M.I.S. (Antiquae musicae italicae studiosi) e il relativo bollettino, gli Incontri con la musica italiana e polacca, i Corsi estivi di musicologia (Certaldo, Bardolino, Romeno, Lizzano in Belvedere, Montebarro ecc.) e altro ancora (anche in accordo o sodalizio con l’amabile collega prof.ssa Elena Salvi e e il devoto allievo prof. Vittorio Gibelli), favorendo inoltre edizioni ed esecuzioni di grande novità e interesse. Chiusa la carriera accademica, ha continuato a curare le riviste e l’associazione, intanto diramata in vari centri italiani e stranieri. Presso l’editore Forni di Sala Bolognese ha effettuato la ristampa anastatica e la trascrizione di moltissimi e preziosissimi testi d’ogni tempo e luogo: come esempio valga la prediletta collana intitolata «Bibliotheca Musica Bononiensis». Infine è stato a lungo responsabile dell’archivio dell’Accademia Filarmonica di Bologna, istituzione presso la quale ha ideato e condotto numerosi convegni, concerti e manifestazioni culturali e musicali. Una silloge della sua valente saggistica è costituita dai sei corposi volumi di Dulce melos editi dall’A.M.I.S. di Bologna fra il 1972 e il 1990.
Il 24 novembre del 2002 presso il Convento dell’Osservanza (Bologna) si è svolta una manifestazione intitolata Un plauso d’affetto per Giuseppe Vecchi che compie 90 anni, a cura di allievi, estimatori, amici e conoscenti. Chi scrive queste righe, in buona parte già scritte allora, ebbe l’occasione, la ventura, l’audacia di parafrasarle davanti all’interessato, il quale gli si pose proprio davanti, faccia a faccia, in primissimo piano, sopra uno scranno che sembrava un piccolo trono, insomma in maniera da intimidire chiunque. Alla fine, convinto e commosso ma con il solito lampo di sorriso e l’immancabile baleno di malizia, concluse «... se lo dici tu...». Tu, appunto, ché dar del tu era la regola e dar del lei era l’eccezione, con gli allievi, e tremasse quell’allievo incontrando il quale, anche per un momento, il professore preferiva l’eccezione alla regola.
Nato a S. Giovanni in Persiceto (Bologna) il 26 novembre 1912, Giuseppe Vecchi è morto a Bologna il 1° giugno 2007. L'anno seguente Maria Pia Jacoboni e Antonio Saiani hanno curato degli Studi in onore di Giuseppe Vecchi (Sala Bolognese, Forni, 2008): dopo una commemorazione di Romano Vettori e un profilo di Piero Mioli, vi si leggono sei saggi in onore di Giambattista Pighi (1898-1978) per il centenario della nascita a firma di Paolo Emilio Carapezza, Sandra Martani, Giovanni Marzi, Giampaolo Ropa, Antonio Saiani e Vecchi e poi quattro saggi di Vecchi stesso sull'amata Ars dictandi. Raccolti molto tempo prima, altri Studi in onore di Giuseppe Vecchi, a cura di Ivano Cavallini (Modena, Mucchi, 1989), chiudono con un elenco di 157 pubblicazioni per sette pagine, da Le ragioni della cultura classica e Il madrigale drammatico La pazzia senile di Adriano Banchieri del 1948 fino al primo libro dei Motecta cum quattuor vocibus di Giovanni Ceresini del 1985 (uno dei veramente barocchi «Monumenta romandiola excerpta»). Possono interessare alcune ristampe recenti e aggiornate di scritti di Vecchi, inserite in volumi della collana Libreria Filarmonica curata da Piero Mioli per Pàtron editore a Bologna: Padre Martini tra l'Istituto Marsiliano e l'Accademia Filarmonica, in Un anno per tre Filarmonici di rango. Perti, Martini e Mozart, 2008, pp. 91-110; Vicende d'archivio e biblioteca, in Felsina cantatrice. La musica a Bologna e in Accademia fra il 1666 e il 1716, 2018, pp. 19-23; Metri, ritmi e sequenze. Da Notker a Iacobus, in «Stabat Mater» nei tempi della musica d'arte, 2019, pp. 17-28.
Volumi e tomi, libri e riviste, carte e fogli, appunti e stralci, tutto s’affastellava infatti nell’intelligenza simpatica e diabolica insieme di Vecchi. Molto è rimasto nella sua testa, molto è passato alla sua scuola, molto è destinato a rimanere nel mondo della cultura. A patto, pare ammonirci ancora autorevolmente il Professore (sia permessa una volta questa enfasi di maiuscola), che sempre alla musicologia s’accompagni la musica, alla parola segua la scrittura, all’idea subentrino la mano, il gesto, la parola, il suono. Solo così, a lungo, si potranno leggere e pensare frasi ormai mitiche come «prodeunt curante Josepho Vecchi». Ancora e sempre «a cura di Giuseppe Vecchi».
Alle origini
Rispetto alle consorelle, è noto che la musicologia sia una disciplina piuttosto recente, fiorita nei paesi di lingua tedesca verso la fine dell’Ottocento e poi diffusa altrove, in Europa e in America. Nata come indagine scientifica avversa ai facili, iperomantici entusiasmi estetici dell’epoca precedente, forse anche per questo si è profilata subito come una materia molto settoriale, i cui rappresentanti tendessero a circoscrivere le ricerche ad alcuni testi, autori, stili, luoghi particolari. Il percorso musicologico e accademico di Giuseppe Vecchi dimostra invece come uno musicologo possa reggere a più oneri e finalità, privilegiando alcuni settori senza assolutamente trascurare gli altri e anzi passando da ricerche originali, filologicamente inappuntabili, a trattazioni più vaste e più ricche, informate a più liberi e riflessivi criteri di carattere storico, culturale, sociale. Le sue prime pubblicazioni, risalenti al secondo dopoguerra nella rivista «Convivium», trattavano di questioni di cultura classico-antica, perfino della poesia di Catullo, e da qui si estesero presto alla paleografia e alla poesia musicale, alla latinità cristiana, alla lirica romanza, a imprevedibili ma solitamente inevase tematiche locali (come la figura di Adriano Banchieri, tanto per fare un esempio).
E fu con gli anni Cinquanta che il singolare impegno filologico-musicale di Vecchi produsse molti lavori curiosi e preziosi, operati su materiali nuovi e direttamente scoperti negli antichi archivi: l’interesse dello studioso si appuntò su città, centri, forme, personaggi come Bologna, Modena, Nonantola, Ravenna, il tropo e la sequenza, Abelardo di Nantes e Marchetto da Padova, non senza felici puntate verso Dante e Firenze, il ludus e Parigi, l’innodia e Paolino d’Aquileia. Con gli anni Sessanta, a lato di una filologia musico-medievale così vicina agli usi e costumi scolastico-religiosi e così capace di spaziare disinvoltamente dalla poesia alla filosofia e alla scienza, il campo d’indagine di Vecchi si allargò ulteriormente, anche grazie alla programmatica segnalazione di diversi centenari fondamentali e di qualche importante seppur generica celebrazione: nel 1960 fu la volta di Giacomo Antonio Perti (nato nel 1661), nel ’63 di Giuseppe Verdi (nato nel 1813) e di Girolamo Giacobbi (vissuto dal 1567 al 1628), nel '66 dell’Accademia Filarmonica (fondata esattamente tre secoli prima), nel ’68 di Adriano Banchieri (nato nel 1568, un anno dopo Giacobbi e Monteverdi).
Intanto il fervore delle iniziative si era concretato e raccolto in «Quadrivium», rivista sorta nel 1956 e di regola interessata solo agli aspetti nuovi, inediti, eruditi, sorprendenti della filologia e della musicologia; ma negli anni e nei decenni a venire l’attività musicologica del professore (all’I.M.E.T. la qualifica spettava solo a lui, il nome e cognome non erano necessari) era destinata a infoltire un panorama già molto ampio. Tanto che un elenco delle pubblicazioni, delle relazioni ai convegni, delle trascrizioni, delle ristampe curate s’allungherebbe troppo esulando da queste poche righe (all’uopo potrà servire l’acrostico con quel che segue): dunque basta qualche rilievo di carattere generale. Oltre ai citati elementi della filologia musicale medievale, gli ambiti di studio di Vecchi sono stati il canto sacro e profano antico e moderno, il teatro di ogni tempo (da quello goliardico e devozionale al melodramma) e nella più estesa accezione spettacolare, le accademie e le istituzioni scolastiche (la privilegiata Filarmonica bolognese), la librettistica e la drammaturgia musicale, l’estetica barocca e quella romantica, le figure particolari di Adriano Banchieri e Padre Martini, le diverse esperienze cittadine della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, i particolari rapporti fra l’Italia e la Polonia, l’assoluta centralità della cultura musicale di Bologna (indiscutibile, anche nella gestione della sua eredità). A comprovare precisamente lo spessore di questo lavoro instancabile sono ancora i cataloghi dell’editore Forni e dell’A.M.I.S. nonché gli indici di «Quadrivium».
Ma in una presenza accademica così impegnativa ed estesa nel tempo come quella di Giuseppe Vecchi l’attività scientifica non poteva essere tutto. E difatti accanto a questa si è sempre posta, anzi imposta l’attività didattica, che oltre a collegarsi strenuamente con gli studi, le pubblicazioni, i congressi, le iniziative più folte e svariate si è rivolta costantemente agli studenti, agli allievi, ai collaboratori, agli assistenti, insomma alla scuola nel senso più pieno del termine: fino agli aspetti e ai momenti più semplici e quotidiani, dalle aule di lezione ai locali della biblioteca. Rimane davvero incredibile la prontezza con la quale, davanti a un argomento, un’idea, uno spunto il professor Vecchi fosse pronto a reagire, a rispondere, a risolvere; e in due modi: anzitutto, invece di indicare una bibliografia astratta e remota era capace di andare a prelevare dagli scaffali i libri occorrenti, subito e di persona, e consegnarli, proprio brevi manu, a chi ne avesse bisogno (non senza singolari “estratti” che erano tali di nome e di fatto); e poi a dire e pronunciare parole, avverbi, imperativi, interiezioni, congedi come “sì, va bene, benissimo, avanti, forza, lavorare, scrivere, spicciarsi”. Quindi ad andarsene lestamente presso un altro questuante da accontentare (o anche da redarguire senza difficoltà), magari aggiustandosi giacca o maglione con qualche moto di impazienza o nervosismo.
Una conferma? Il numero delle tesi assegnate e discusse, che è letteralmente impressionante. Un episodio al negativo? Un giorno uno studente con la coscienza quanto meno gaietta (dantescamente, cioè macchiata), gli disse di non averlo potuto raggiungere con certi frammenti della sua tesi perché tanto «i professori non sono mai in istituto»: ma mai, nella fattispecie, un’offesa fu più assoluta, assurda, ingiusta, difficile da dimostrare (anzi indimostrabile). Pari a quella onde Giuseppe Vecchi non sapesse leggere, decifrare, spremere, intendere a fondo e divulgare piacevolmente gli antichi codici poetico-musicali: ma questa offesa nessuno ha avuto la sfrontatezza di levarla. E la bibliografia musicale italiana continuerà ancora per molto ad abbeverarsi al canto delle “scolte modenesi”, alle Villotte del Fiore, all’Ulisse errante e ritornante di Monteverdi, al Pomerium di Marchetto nella sua interpretazione; magari anche all’esempio visivo-olfattivo-gustativo con il quale il professore spiegava la composizione della polifonia, dove le varie voci sovrapposte suggerivano non nobilissime ma persuasive similitudini con sfoglia, ragù, besciamella, formaggio, sfoglia, ragù, besciamella, formaggio e così via (in sintesi lasagne, ovvio bolognesi).
Anche un acrostico
Sia permesso, ora, di schizzare un modesto acrostico per la copiosa bibliografia di Giuseppe Vecchi:
G irolamo Giacobbi
I gnazio Bracci
U go Sesini
S an Bonaventura
E rcole Bottrigari
P ietro da Abano
P etrus Abelardus
E lia Vannini
V iadana Lodovico Grossi da
E nrico Bossi Marco
C ecco degli Ordelaffi
C roce Giulio Cesare
H ericus Dux
I ngegneri Marcantonio.
Sono, questi, 14 dei tanti autori studiati negli anni da Giuseppe Vecchi, i quali forse ricambierebbero volentieri l’egregio studioso con l’omaggio di una specie di acrostico come questo (quasi degno, perché no? di un sonetto, da affidare all’inventiva altrui). In ordine alfabetico, gli altri autori sono i seguenti: Adamo da S. Vittore, Artimanno, Aron, Asola, Azzaiolo, Banchieri, Beckett, Belli, Bene da Firenze, Benvenuto da Imola, Bono Lucensis, Boccaccio, Bononcini, Boucheron, Campeggi, Catullo, Ceresini, Chilesotti, Corteccia, Costa, Dante, Dattari, Donizone, Faba, Francesco da Barberino, Gabussi, Gastoldi, Gatti, Giovanni del Virgilio, Giuliani, Gudino di Luxeuil, Johannes de Garlandia, Lichtenthal, Marchetto da Padova, Mariani, Martini, Merula, Monteverdi, Mussato, Pace, Pacelli, Paolino d’Aquileia, Pellegrini, Perti, Petrarca, Rossini, Rota, Ruffo, Salviano, San Carlo, San Geminiano, Sant’Agostino, Spataro, Stendhal, Tritonius, Trombetti, Verdelot, Verdi. Sono molti, sono rari, certo non sono tutti.
E per finire come si deve, ecco una piccola bibliografia: Carolyn Gianturco - Maria Teresa Gialdroni, Vecchi, Giuseppe, in The New Grove, 2001, 26, pp. 364-365; Giuseppe Vecchi, Vecchi, Giuseppe, in MGG, 2006, 16, col. 1369; [Laura Callegari Hill], Elenco delle opere, in Studi in onore di Giuseppe Vecchi, a cura di Ivano Cavallini, Modena, Mucchi, 1989, pp. 267-273; Mario Gandini, Per una bibliografia degli scritti di Giuseppe Vecchi, in «Strada Maestra», Quaderni della Biblioteca comunale "G. C. Croce" di S. Giovanni in Persiceto, 52, 2002, pp. 1-16; Romano Vettori, Josephi Vecchi Commemoratio, in Studi in onore di Giuseppe Vecchi cit., pp. 9-13; Piero Mioli, Musicologia, filologia e ironia alla scuola di Giuseppe Vecchi, ivi, pp. 15-20; Maria Pia Jacoboni Neri, Una conversazione con Giuseppe Vecchi sulla sua passione martiniana, in L'idillio di Amadeus. Musica, arte e società a Bologna attorno alla luminosa permanenza di Mozart nel 1770, a cura di Piero Mioli, Bologna, Forni, 2008, pp. 241-248.

Piero Mioli
Vecchi ex Cathedra
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021