Luigi Rovighi (Bolzano, 26.XI.1932 - Roma, 22.VIII.2020).

Fra studio e scuola
La figura umana, artistica e musicologica di Luigi Rovighi (Bolzano, 26.XI.1932 - Roma, 22.VIII.2020) rimane impressa nei ricordi di quanti conobbero la sua attività didattica, concertistica e di ricerca, e le pubblicazioni e incisioni che ha lasciato. Deciso e al tempo stesso gentile, inflessibile quanto intellettualmente curioso e in continua ricerca di una “verità” filologica ma anche espressiva, rimane una personalità dal fascino anche controverso. La natura di un carattere così pronunciato gli deriva forse dalle vicende biografiche: di famiglia ebraica, un padre ingegnere, ha soltanto una decina d’anni quando nel 1943 viene salvato da una retata nazista grazie ad amici di famiglia. La storia è riportata alla cronaca nel 2012, in occasione dell’iscrizione dei suoi salvatori sul monumento Righteous honor wall a Gerusalemme, e nella quale Rovighi ricordò: «mi hanno davvero salvato la vita, nascondendomi in un furgone e portandomi in Veneto. Rischiando oltretutto la loro vita, perché strada facendo incontrammo posti di blocco ogni dieci chilometri, soldati coi mitra spianati».
Dall’intervista affiora quel lato ottimistico della sua personalità che lo porta a smussare, magari non immediatamente, le negatività: Rovighi in quella circostanza narra infatti anche di un’infanzia felice: «Anni sereni, a parte quel drammatico episodio […]. Di Bolzano ho conservato un buon ricordo: la mia famiglia stava bene, io abitavo a due passi dalla scuola, la città ricominciava a vivere subito dopo la guerra».
Rovighi infatti studia violino al Conservatorio “Claudio Monteverdi” di Bolzano con il grande Giannino Carpi, in un ambiente stimolante e qualificato (in quegli anni vi insegna fra gli altri Arturo Benedetti Michelangeli). Nel 1965 si trasferisce a Bologna, vincendo il concorso per entrare nell’orchestra del Teatro Comunale. Come spalla dei secondi violini lavora a fianco di Guido Della Costanza, storica “spalla” del teatro (stimatissimo dall'allora direttore stabile Sergiu Celibidache): una vicinanza che, divenuto suo genero, egli trasforma in profondo rapporto artistico e famigliare. Lo stesso figlio di Luigi, Giulio, violinista di futura brillante carriera, studia prima con il nonno e poi con il padre, e ricorda ancora oggi la ricchezza tecnico-artistica di questo apprendistato “in casa”, come sempre accade nella migliore e antica tradizione delle famiglie di musicisti. Luigi Rovighi, ormai definitivamente “bolognese”, tra 1972 e 1973 sostituisce il suocero nell’insegnamento di Conservatorio; nel 1974 a Mantova, allora sezione staccata di Parma, compie l’anno di prova entrando definitivamente in ruolo l’anno successivo; nel 1977 ottiene il trasferimento al “Martini” di Bologna ove inizia a svolgere quell’apprezzata opera didattica, rigorosa e nel contempo generosa di consigli, unanimemente riconosciutagli. Rovighi, che già il suo maestro Carpi individua come giovane promettente (assieme a lui suona per la prima volta a Bolzano il Bozner-Quartett KV 155 in occasione delle celebrazioni mozartiane del 1956), continua a perfezionarsi studiando anche con Libero Lana (violoncellista fondatore del Trio di Trieste) e, accanto all’insegnamento e all’attività in orchestra, intraprende anche quella concertistica. Vivo in lui è l’interesse per la musica moderna e contemporanea, che lo porta a suonare con Enzo Porta (1931-2020, duetti di Bartók e Berio) e a una fraterna amicizia con il compositore Aldo Clementi (1925-2011).
Già da tempo però la sensibilità musicale e la curiosità intellettuale lo portano alla ricerca nel campo del violino barocco e in generale della prassi esecutiva storica, una ricerca che proprio con lui inizia in Italia, quella della filologia della prassi esecutiva che oggi più neutralmente viene denominata “esecuzione storicamente informata” (all’inglese HIP, Historically Informed Performance), con una locuzione che per la sua eccessiva indefinitezza Rovighi non apprezza particolarmente. Nel 1973 pubblica Problemi di prassi esecutiva barocca negli strumenti ad arco sulla «Rivista italiana di Musicologia», un saggio fondamentale nel panorama degli studi che propone per la prima volta un approccio pressoché completo alle fonti storiche dell’esecuzione musicale, fornendo un’inedita messe di citazioni dalle fonti originali che costituisce un patrimonio di conoscenze irrinunciabile, considerato un punto di assoluto riferimento da musicologi e musicisti in Italia e nelle scuole internazionali più accreditate. In esso Rovighi, con la consueta chiarezza e la caparbietà, getta le basi per una ampia riconsiderazione dell’interpretazione musicale in forza degli strettissimi rapporti con la vocalità storica, una prospettiva di ritorno alle fonti di cui ravvisa la necessità anche per i cantanti moderni e che continuerà a perseguire. Lo studio è particolarmente interessante anche perché le fonti citate vanno ben oltre lo spartiacque del periodo tardo-barocco, mettendo in luce la necessità di una riconsiderazione dell’interpretazione musicale anche per il Classicismo e il Romanticismo, di fatto indicando un superamento del confine semantico della cosiddetta “musica antica” come etichetta di un approccio interpretativo della sola musica preclassica. Tale necessità di allargamento, che in anni successivi si diffonderà soprattutto nei paesi anglosassoni e dell'Europa settentrionale, viene ribadita con chiarezza anche un decennio più tardi nella trattazione delle voci Prassi esecutiva, curata assieme ad Adriano Cavicchi, e Violino (I) per il DEUMM (1984). Da quel momento Rovighi diffonde la prassi “barocca” continuando a pubblicare saggi e articoli, partecipando a importanti convegni musicologici e tavole rotonde, tenendo lezioni private, seminari e corsi in tutt’Italia, avviando o perfezionando nella professione moltissimi musicisti.
Per realizzare musicalmente le sue idee Rovighi già nei primi anni '70 fonda il Gruppo Cameristico di Bologna (di base un trio con Sergio Vartolo al clavicembalo e al violoncello Daniele Beltrami, quasi immediatamente sostituito da Pierluigi Ghetti): un gruppo che occasionalmente viene integrato da Giorgio Pacchioni ai flauti e da vari altri strumentisti. È la prima formazione musicale italiana autenticamente filologica sia nell’adottare sia nell'usare gli strumenti antichi, talvolta in forma di conferenza-concerto: comincia a suonare per le più sensibili organizzazioni bolognesi (1972, Sabati musicali dell’Università; 1975, Feste Musicali; Associazione Clavicembalistica) e regionali (1979-80, Rimini, Aterforum e Sagra Malatestiana) e via via per quelle nazionali (1974, Torino, Accademia del Flauto Dolce; 1974 e 1976 Rovereto, Associazione Filarmonica; 1980, Roma Festival Barocco), collaborando anche con altri gruppi (1975, Complesso madrigalistico “Monteverdi”) e con il musicologo Claudio Gallico (1975, Parma, Verona e Pavia). Il Gruppo si esibisce anche accanto a grandi specialisti stranieri quali G. Leonhardt e A. Bijlsma, in occasione di importanti appuntamenti musicologici (VIII Convegno corelliano, Fusignano 1974) o per l’inaugurazione di organi interamente meccanici che fanno epoca (Bartolomeo Formentelli, Rovereto, Chiesa di S. Marco, 1975). Nei programmi concertistici sono spesso presenti musiche inedite, di autori noti e meno noti, specie della tradizione italiana (Frescobaldi, Uccellini, Corelli, Vitali, Colonna). Negli anni '80 Rovighi comincia a collaborare con l’Accademia “Monteverdi” di Venezia diretta da Hans Ludwig Hirsch, e negli anni ’90 a insegnare presso la SMAV (Scuola di Musica Antica di Venezia): ne conseguono le poche incisioni discografiche che si possiedono lui. Aggregato nel 2007 come Socio d’Onore all’Accademia Filarmonica di Bologna, nel 2015 ne diviene vice-presidente, avviando anche in quella istituzione un’attività didattica sull’esecuzione storicamente informata in collaborazione con l’archivio storico di Romano Vettori.
Executio anima compositionis
È peraltro interessante notare come l’effetto dirompente della proposta di una prassi violinistica nuova e “dissacrante” rispetto all’approccio tradizionale (che peraltro secondo Rovighi si è saldamente assestato solo dagli anni '20 circa del XX secolo) in Italia sia più problematico che in altri paesi europei e determini da parte del maestro la scelta di una rigida separazione tra il mondo istituzionale (scuola, orchestra) e quello alternativo dell’esecuzione “storica”. Rovighi non ama le posizioni a mezza via: nella versione istituzionale mantiene uguale serietà, competenza e rigore, formando musicisti di ottima carriera come fra gli altri Maurizio Sciarretta e come già detto lo stesso figlio Giulio, il quale sottolinea come lo studio del fraseggio e della dinamica “storica” appreso dal padre avvantaggi molto anche quello dei repertori successivi, come quello classico di Haydn, con un interessante effetto a lunga gittata sulla musica contemporanea, e come tale studio renda inaspettatamente più ricco anche l'approccio ai repertori dell’800 e del primo '900.
Fra i numerosissimi allievi di violino barocco che hanno continuato la carriera con successo e in maniera indipendente si ricordano Enrico Gatti e Fabio Biondi. Altri hanno mantenuto un rapporto più continuo, come Andrea Albertani, affascinato fin dal primo istante a tal punto da provare in treno nel viaggio di ritorno a casa la nuova, difficilissima posizione “libera” del violino. Un lungo rapporto didattico trasformatosi anche in profonda amicizia fino alla fine è quello instauratosi con Fabrizio Longo, prima del trasferimento di Rovighi presso il figlio a Roma (dove il maestro si spegne nell’agosto del 2020). Un periodo, l’ultimo, nel quale si accentua la generosità del carattere: Rovighi in modo totalmente disinteressato e gratuito si prodiga in lunghissime lezioni in cui si suona, si discute, si pranza; presta i suoi strumenti a quanti ritiene veramente interessati e meritevoli, o anche semplicemente e sinceramente appassionati. Colleghi musicisti come Francesco Tasini, Giovanni e Franco Angeleri e tanti altri beneficiano della sua competenza e squisita ospitalità, oltreché della sua sottile ironia, ma soprattutto di una disponibilità senza condizioni nello scambiare informazioni ed emozioni. Si può dire che praticamente tutti coloro che in Italia negli ultimi quarant’anni hanno accostato, approfondito professionalmente o vissuto con passione lo studio della musica antica hanno incontrato sulla loro strada Luigi Rovighi, pronto a condividere le sue conoscenze e, immediatamente, anche le sue nuove scoperte.
Con l’organologo Marco Tiella (al quale lo accomuna il rigore e il coraggio di scelte difficili e scomode) ha l’opportunità di confrontarsi continuamente, soprattutto negli ultimi anni, sui complicati problemi della liuteria e della restituzione del suono “storico”, sul quale Rovighi assume una posizione inedita e molto in controtendenza, frutto di convinzioni su montature e spessori delle corde decisamente personali, ma che gli consente anche di raccogliere strumenti storici molto interessanti (soprattutto strumenti ad arco, ma anche fortepiani di tradizione viennese e bolognese). Nel 1982, da una collaborazione su Bononcini a Modena con Angelo Bartoletti (che come tanti allievi con lui collabora anche nell’attività concertistica divenendo anche storica viola dell’orchestra di Jordi Savall), nasce il suo interesse sui rapporti tra il violino barocco e la tradizione popolare della musica e del violino, a documento della larghezza della sua visione.
Dalle testimonianze di colleghi e scolari risalta in Rovighi un maestro dalla fede incrollabile nelle fonti, al punto, a volte, da indurlo a sottovalutarne talune, salvo poi, alla luce di approfondimenti e confronti, riconoscere altri punti di vista. La sua ricerca non finisce mai, e l’attuazione di una stretta aderenza all’estetica storica dell’estemporaneità e della varietà delle soluzioni interpretative lo porta, pur nella consapevolezza di precisi confini stilistici, a una mutevolezza esecutiva che non gli consente facili collaborazioni, e alla difficoltà di sintetizzare, anche nella didattica, le sue molteplici, profonde conoscenze di teoria e di prassi esecutiva, a volte contraddittorie e in continua evoluzione.
Da queste costanti della sua figura derivano in definitiva la discontinuità e variabilità delle collaborazioni concertistiche, la diffidenza per le incisioni discografiche, la frammentazione degli interventi e degli studi pubblicati (ancorché molti di assoluto spessore). Rimane inedito un suo ponderoso lavoro sul violino barocco di cui è in corso una sistemazione per una auspicata pubblicazione postuma. In anni recenti è apparso quello che si può considerare come un sunto rappresentativo della “sua” poetica di interprete, il volume Executio anima compositionis: l'esecuzione-orazione (2010), che già nel titolo fa propri i fondamenti dell’estetica e della retorica barocca, così intimamente assimilati da apparire connaturati alla sua spiccata, difficile ma sincera personalità.
Pubblicazioni e altro
Circa l'attività di Luigi Rovighi ecco, in successione, le principali pubblicazioni, alcuni dischi, una sitografia.
Problemi di prassi esecutiva barocca negli strumenti ad arco, in «RIM», VIII/1, 1973, pp. 38-112; Il violino barocco. Problemi di prassi esecutiva, in Barocco musicale padano: la sonata violinistica, San Benedetto Po, Museo Civico Polironiano, 1978, pp. 39-43; [Intervento a] Tavola rotonda sulla prassi esecutiva vivaldiana, in Vivaldi veneziano europeo, atti del convegno internazionale di studio a cura di Francesco Degrada (Venezia, “Cini”, 18-21.IX.1978), Firenze, Olschki, 1980, pp. 253-268, passim; [Interventi] II virtuosismo violinistico fra '700 e '800 - L'evoluzione del suono fra '700 e '800, in Paganiniana. Manifestazioni celebrative nel bicentenario della nascita di Niccolò Paganini 1782-1982, atti delle tavole rotonde sui temi Orchestre in Emilia-Romagna nell'800 e '900, Paganini e l'Orchestra ducale parmense a cura di Marcello Pavarani e Marcello Conati (Bologna, Parma, Piacenza, Ferrara, 1982), Parma, Orchestra “Arturo Toscanini", 1983, passim; Violino popolare e violino barocco. Rapporti fra due linguaggi e due prassi, in «Culture musicali», IV, 1983, pp. 31-55; “voce” Prassi esecutiva (con Adriano Cavicchi), in DEUMM, Torino, UTET, Il Lessico, III, 1984, pp. 711-746; “voce” Violino (I), in DEUMM, Torino, UTET, Il Lessico, IV, 1984, pp 721-733; Prassi vocale e strumentale in Baldassarre Galuppi: la retorica degli affetti e lo stile galante, in Galuppiana 1985, Studi e ricerche, atti del convegno a cura di Maria Teresa Muraro e Franco Rossi (Venezia, 28-30.X.1985), Firenze, Olschki, 1986, pp. 191-201; [Prefazione a ] Carlo Tessarini, Grammatica di musica: Insegna il modo facile, e breve per bene imparare di sonare il violino su la parte (Urbino 1741), Lucca, LIM, 1986; Il giallo delle etichette. Come riuscire a difendersi da trucchi e imbrogli, in «Il Giornale della Musica», II, 1986, n. 3, p. 8; Dal Settecento all'alea. Compositori, interpreti, strumenti e evoluzione storica, in «Il Giornale della Musica», II, 1986, n. 9, p. 10; Arte del violino e luoghi comuni. Un libro di Salvatore Accardo, in «Il Giornale della Musica», IV, 1988, n. 24, p. 22; Dietro la Sinfonia spagnola spunta un Lalo inconsueto, in «Il Giornale della Musica», VIII, 1992, n. 71, p. 3; Nathan Milstein violinista curioso, in «Il Giornale della Musica», IX, 1993, n. 80, p. 8; Camillo Sivori, violinista detto Paganini junior, in «Il Giornale della Musica», X, 1994, n. 95, p. 25; La Cetra di Giovanni Legrenzi. Aspetti moderni della scuola violinistica veneziana seicentesca, in Giovanni Legrenzi e la cappella ducale di S. Marco, atti dei convegni internazionali di studi a cura di Francesco Passadore e Franco Rossi (Venezia 24-26.V.1990, Clusone 14-16.IX.1990), Firenze, Olschki, 1994, pp. 291-323; Le fatiche de suono di Marco Uccellini, in Marco Uccellini, atti del convegno Marco Uccellini da Forlimpopoli e la sua musica a cura di Maria Caraci Vela e Marina Toffetti (Forlimpopoli, 26-27.X.1996), Lucca, LIM, 1999, pp. 225-240; Un tempo in cui si cantava bene ancora. Problemi dell’emissione vocale, in Fiori musicologici. Studi in onore di Luigi Ferdinando Tagliavini nella ricorrenza del suo LXX compleanno, a cura di François Seydoux, Giuliano Castellani, Axel Leuthold, Bologna, Pàtron, 2001, pp. 495-524; [scheda] Marco Uccellini, Sonate over Canzoni da farsi a violino solo e basso continuo opera quinta, a cura di Piotr Wilk, in «RIM», XXXVII/2, 2002, pp. 408-409; Dal violino al violone, da Rossini a Respighi, in “Martini” docet, atti delle giornate di studio a cura di Piero Mioli (Bologna, Conservatorio “G. B. Martini”, 30.IX-2.X.2004), Conservatorio “G. B. Martini”, 2007, pp. 269-293; [note booklet] Arcangelo Corelli, Sonate a violino e violone o cimbalo op. V, G. Angeleri, G. Trimboli, F. Angeleri, Decca, 2007 [CD]; Executio anima compositionis: l'esecuzione-orazione, Bergamo, Carrara, 2010; Metodi e trattati come lumi di sinfonia, in Cento e una sinfonia. Sulle origini di un classico genere musicale, atti della giornata di studi a cura di Piero Mioli, Pàtron, 2012 (Bologna, Accademia Filarmonica, 11-12.VI.2009), pp. 29-51.
Pochi i dischi: Claudio Monteverdi, Ghirlande sacre, ghirlande profane, Accademia “C. Monteverdi”, Hans Ludwig Hirsch (recording Villa Emo, Fanzolo Veneto, 26-29.IX.1982), Frequenz, 1984-85: Scherzo musicale a voce sola, vl. e b. c. “Et è pur dunque vero” e Madrigale a 3 voci, vl. colla parte e b. c. “Su pastorelli vezzosi”; Benedetto Marcello, Sonatas op. II, voll. 1-2, Accademia “C. Monteverdi”, Hans Ludwig Hirsch (recording Aria Studio Appiano/Eppan, Bolzano, Italy, 26-30.II.1985), Arts 1986: Sonata in re min. per vl. e vc., Walsh II / Sala-Roger IV; Sonata in Re magg. per vl. vc. e org., Walsh I / Sala-Roger I; Sonata in Fa magg. per vl. vc. e org., Walsh VIII / Sala-Roger XII; Giambattista Tiepolo 1696-1996, Maestri della Scuola Antica (recording in Venice, S. Maria dei Derelitti, 27-30.VI.1996), Skira, 1996: Antonio Vivaldi, Sonata in La magg. op. II n. 2 per vl. e b. c. RV 31.
Sitografia: Fabio Zamboni, I ricordi bolzanini di L. R., l'ebreo sfuggito ai nazisti, in «Alto Adige», 28.III.2012; https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/i-ricordi-bolzanini-di-luigi-rovighi-l-ebreo-sfuggito-ai-nazisti-1.422897; Giuliano Tonini, Un Requiem per tutte le stagioni, in «Kontrapunkte», 25.I.2020 ttps://musikschulen.provinz.bz.it/kontrapunkte.asp news_action=4&news_article_id=634499.
Ringraziamenti: a Giulio Rovighi, Andrea Albertani, Angelo Bartoletti, Fabrizio Longo, Pierluigi Ghetti per informazioni e ricordi; ad Annarosa Vannoni per le fonti documentarie del Conservatorio di Bologna.

Romano Vettori
Rovighi e il Barocco nel violino
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021