Giuseppe Piccioli (Bologna, 5.VIII.1905 - Milano, 5.X.1961).

La cornice di Bologna
Giuseppe Piccioli nasce a Bologna il 5 agosto 1905, da Beniamino (originario di Tuglie, Lecce) e da Linda Cavallini di Bologna. All’età di sei anni comincia lo studio della musica, proseguendolo dal 1917 nel Liceo musicale di Bologna, dove ha come insegnante di pianoforte Giovanni Minguzzi, già allievo di Giovanni Sgambati. L’anno successivo si esibisce in un saggio con il Concerto in re min. op. 40 di Felix Mendelssohn Bartholdy e l’anno seguente con la Leggenda di S. Francesco che cammina sulle onde di Franz Liszt. Nel 1921 si diploma, mentre parallelamente frequenta il ginnasio e poi il liceo. Nel 1923 Piccioli comincia la sua attività concertistica esordendo su scala regionale (Forlì, Reggio Emilia, Bologna); ma l’incontro con un impresario straniero lo proietta subito sui palcoscenici internazionali di Vienna e Budapest, dove tiene concerti in quello stesso anno e in quello seguente, ricevendo in Italia e all’estero numerosi e lusinghieri riscontri nella cronaca giornalistica. Tornato in Italia, riprende con successo la serie di concerti, toccando le città di Lugo, Cesena, Milano, Bologna e Ravenna (aprile 1924). Nel luglio del 1924 accompagna il tenore Giuseppe Borgatti nelle sue tournées, esibendosi a Genova (Politeama, ottobre), a Bologna (Comunale, 17 dicembre) e Parigi (Sala Gaveau, gennaio 1925). Lasciato Borgatti, rientra in Italia e riprende a tenere concerti come pianista, esibendosi a Parma (marzo) e Venezia (aprile). Negli anni successivi affianca alla ormai avviata attività concertistica lo studio della composizione e della direzione d’orchestra presso il Liceo bolognese. Il corso di direzione d’orchestra - allora unico in Italia, istituito nel 1927 da Cesare Nordio, direttore del Liceo - ebbe una vita breve e fu soppresso già nel 1931 con provvedimento del Ministero della Pubblica Istruzione: ma in quel breve lasso di tempo Piccioli ebbe come compagni nomi del calibro di Franco Ferrara, Francesco Molinari Pradella, Adone Zecchi, Nunzio Montanari e altri ancora. In questi anni compaiono presso l’editore bolognese Pizzi anche le prime pubblicazioni, rivolte al suo strumento (Notturno, 1925) e probabilmente anche frutto degli studi di composizione (Tre trascrizioni, 1926, liberi adattamenti da Bach, Pergolesi e ignoto autore del '500). Al 1929 risale la concezione della prima opera vocale e sinfonica, L’offerta delle rose, su testo di Ada Negri, conclusa e pubblicata negli anni successivi. I primi anni '30 segnano l’apertura verso nuovi orizzonti: oltre a diversificare e intensificare la pubblicazione delle sue composizioni (accanto a numerosi brani pianistici, spesso rivolti con intenti didattici a una fascia di studenti alle prime armi, compaiono anche le prime opere vocali e orchestrali), Piccioli affronta il tema della didattica pianistica, depositando la sua già ricca esperienza di studioso ed esecutore in tre pubblicazioni di stampo teorico apparse in rapida successione: L’arte pianistica in Italia: da Clementi ai nostri giorni (1931), Gemme pianistiche: appunti d’interpretazione (1932), Nozioni di didattica pianistica (1933, pubblicazione particolarmente fortunata, riproposta dall’editoria musicale fino almeno al 1986). A coronamento della sua ormai decennale carriera di concertista e a quella più recente, ma già ricca, di compositore e teorico della didattica, nel 1932 Piccioli diviene titolare di una delle cattedre di pianoforte principale presso l’allora Liceo musicale di Bologna, nel quadro di una ampia azione intrapresa dal direttore Nordio volta allo svecchiamento del corpo docente dell’istituto tramite il reclutamento di giovani musicisti già affermati su scala internazionale (colleghi di Piccioli sono, fra gli altri, Luigi Ferrari-Trecate, Carlo Vidusso e Arturo Benedetti Michelangeli). Con la seconda metà degli anni '30 prende avvio la stagione delle opere di maggiore ambizione: oltre a proseguire la creazione di contenuti brani pianistici, Piccioli si confronta con la composizione per pianoforte e orchestra, nella sua Burlesca (1937) e nella trascrizione orchestrale del Tema e variazioni di Martucci (1938); la creazione di questi lavori si accompagna alla loro esecuzione al Teatro Comunale della sua città il 21 maggio 1938. Sempre al Comunale di Bologna Piccioli fa eseguire il 18 maggio 1940 la Tarantella e Siciliana su un tema del secolo XVI, per orchestra (del 1931). Quest’ultima composizione, così come gli Intermezzi secenteschi (1936), testimonia un altro aspetto del Piccioli pianista, compositore e didatta: un interesse cioè di tipo storico-musicologico che lo spinge dapprima al recupero di autori bolognesi del barocco (Composizioni di antichi autori bolognesi, 1933) e lo induce poi ad avviare per l’editore Carisch la collana Collezione di musiche sinfoniche italiane dei secoli XVIII e XIX, di cui sarà direttore responsabile dal 1937 fino alla scomparsa e per la quale sforna con regolarità negli anni una ventina di trascrizioni e revisioni di celebri autori italiani (Donizetti, Galuppi, Jommelli, Martini, Paisiello, Piccinni, Rossini, Salieri). Prosegue in questi anni anche l’apporto di Piccioli alla didattica pianistica: accanto a uno studio sull’uso del pedale (1937) e sulle forme pianistiche (1939), l’approccio storico-musicologico si apre a tematiche di più ampio respiro: nasce così nel 1936 una sintesi della storia del concerto per pianoforte che abbraccia il periodo da Mozart a Grieg; tale lavoro riscontrerà un notevole successo editoriale, che spingerà l’autore a espandere la trattazione fino alla metà del secolo XX, giungendo a pubblicare nel 1954 una nuova edizione che a sua volta verrà ristampata più volte per oltre trent’anni.
Gli anni '40 si aprono con un evento extramusicale, ma non meno importante per la vita di Piccioli: nel 1940 sposa la bolognese Yertha Zambonelli (1917), allieva diplomata in pianoforte presso il Liceo musicale cittadino. La coppia, che andrà ad abitare in viale Panzacchi 19-21, sarà allietata dalla nascita del figlio Gianandrea (1942) e condurrà negli anni una serena vita coniugale. Gli anni della guerra e il nuovo impegno della famiglia impongono una pausa nella attività concertistica, ma offrono nuovi impulsi per l’attività creativa di Piccioli, che si rivolge al mondo del balletto. Del 3 gennaio 1942 è la prima esecuzione all’Opera di Roma della Tarantola, con la collaborazione del celebre ballerino e coreografo ungherese Aurel Millos; il balletto verrà successivamente ripreso, a Bologna a fine 1942 e a Napoli nel 1961. Alla Staatsoper di Vienna ha luogo nel giugno del 1943 il battesimo del balletto Festa romantica, commissionato dalla coreografa austriaca Erika Hanka; anche questo lavoro verrà poi ripreso nei teatri italiani di Napoli e Roma negli anni 1948-1949. Gli anni della guerra vedono anche l’intensificarsi delle revisioni di opere di didattica pianistica di autori come Heller, Cramer, Lebert e Stark, attività che giunge al culmine con la traduzione ed edizione (1949) dei Principes rationnels de la technique pianistique di Alfred Cortot, celebre pianista e amico personale di Piccioli, al quale l’autore stesso aveva suggerito la pubblicazione del lavoro.
Superata la fase critica della guerra, Piccioli riprende l’attività concertistica (il 26 novembre 1945 esegue i Canti della stagione alta di Pizzetti a Torino, il 13 gennaio 1946 la sua Burlesca al Comunale di Firenze sotto la guida di Gavazzeni) e quella compositiva dedicata al pianoforte (Sinfonietta concertante del 1947). Anche l’esperienza teatrale di inizio decennio prosegue, virando però in forma di musica di scena per soggetti favolistici: sono del 1947 la favola drammatica Paolo e Virgina (incompiuta), del 1948 la favola Cenerentola su testo di un giovane Enzo Biagi (eseguita il 20 gennaio 1949 al Teatro “Duse” di Bologna), dello stesso periodo l’azione mimo-sinfonica I meravigliosi pupazzi (Stelladoro) (piace ricordare che Piccioli e Biagi abitavano vicini l’uno all’altro: l’amicizia fra loro durò negli anni a seguire e si protrasse anche nei rispettivi figlio e figlie).
Con il 1950 Piccioli torna al suo strumento con un grande concerto per pianoforte e orchestra, eseguito in prima assoluta a Losanna, ma poi ripreso a Roma (Argentina, 23 marzo 1952; Ciccolini, pianoforte; Gracis, direttore) e Firenze (Comunale, 6 marzo 1955; Macoggi, pianoforte; Erede, direttore). Del 1952 è un altro lavoro in ambito teatrale: la produzione delle musiche di scena per l’Amleto di Shakespeare (Roma, Valle, 28 novembre, regia di Squarzina e Gassman), spettacolo che poi sarà trasmesso nel 1955 dalla neonata televisione italiana. E ancora nel 1955 compone Il signore di Porcelgnac, musiche di scena per la commedia di Molière (Monsieur de Pourceaugnac).
Intanto nel 1952 Piccioli si era trasferito al Conservatorio di Milano (ma la famiglia si muoverà da Bologna solo nel 1957), potendo così meglio assolvere anche al ruolo di responsabile editoriale della casa editrice Curci, per la quale curava numerosissime revisioni di musiche pianistiche, in primo luogo di Liszt. Gli anni '50, infatti, sono connotati soprattutto da una intensa opera di recupero della musica del passato: oltre alle iniziative già descritte, egli avviò già nel 1949 la collaborazione con la Sagra Musicale Umbra, che nell’arco di un decennio portò alla revisione e alla successiva esecuzione (e talvolta anche incisione discografica da parte dell’orchestra dell’Angelicum di Milano) di una decina di partiture sacre di Cavalli, Leo, Perti, Rossi, Scarlatti, Stradella, Scarlatti. Accanto a queste, ulteriori revisioni e trascrizioni da opere (fra cui Cimarosa, Il credulo; Portugal, L’oro non compra amore; Salieri, La grotta di Trofonio; Scarlatti, Mitridate Eupatore; Scarlatti, Il Tigrane) o di musica cameristica barocca (soprattutto C. Ph. E. Bach).
Nel pieno fervore delle tante attività musicali, il 5 ottobre 1961 Giuseppe Piccioli scompare prematuramente all’età di soli 56 anni. Il mese successivo la radio nazionale trasmetterà un suo ricordo, introdotto da una commemorazione di Giulio Confalonieri, con l’esecuzione della Sinfonietta concertante, di una suite dal balletto La tarantola e di una suite dal Tigrane di Scarlatti nella sua revisione.
Tasti e trattati
Non è compito facile esprimere in breve una valutazione complessiva dell’operato così multiforme di Giuseppe Piccioli, pianista concertista, didatta, compositore, revisore e curatore editoriale.
Circa il suo pianismo, in assenza di incisioni di suoi concerti e praticamente di registrazioni discografiche (esiste in verità un disco a 78 giri in cui egli esegue i suoi Valzer e Tango da concerto, ma si tratta di una frazione così esigua da non poter consentire una analisi significativa del suo pianismo), dobbiamo contentarci delle numerose e sempre favorevoli recensioni; anche espungendo da esse le formule stereotipate di plauso, è evidente che le sue esecuzioni dovevano riscuotere un grande successo, e non solo nei primi anni della carriera, nei quali la giovane età poteva indurre a maggiore meraviglia per le sue performances.
Il Piccioli didatta si esprime su tre fronti: il saggista, il revisore e il compositore. Come saggista egli redige manuali di natura sia tecnica sia storica per condividere con gli allievi di Conservatorio e con i lettori delle sue pubblicazioni il distillato della sua esperienza concertistica. Come revisore egli affronta una vasta letteratura, tanto di studi strettamente tecnici, quanto di opere di grande repertorio; questo suo intervento - che rimane un po’ mascherato e reso poco visibile dall’evidenza decisamente maggiore dei nomi degli autori da lui trattati - è in realtà una forma di influenza della sua didattica molto estesa nello spazio e prolungata nel tempo (nella misura in cui i lavori di revisione sono stati e sono tuttora ampiamente adottati), una sorta di eredità delle sue competenze lasciata ai posteri un po’ in sordina, ma di fatto con diffusione capillare. La complessità delle opere di repertorio da lui riviste (basti pensare alle numerose opere di Liszt) è poi testimonianza indiretta della levatura del suo pianismo. Come compositore, il Piccioli didatta è particolarmente attento agli studenti ai primi passi, per i quali egli scrive composizioni di fattura lineare, ma non per questo prive degli stimoli a un linguaggio musicale contemporaneo.
Quanto alla composizione, la pur non vasta produzione di Piccioli può essere suddivisa in alcune aree, che a volte si intersecano fra di loro: la musica vocale, la musica per solo pianoforte, la musica orchestrale (con e senza pianoforte), il balletto e le musiche di scena. Modesto è l’apporto nella musica vocale, nella quale evidentemente lo strumentista Piccioli si muove con minore interesse. La musica per pianoforte solo ha, oltre alle intenzioni didattiche, un carattere intimistico che non investe mai la grande forma: bozzetti e fogli d’album, sempre comunque di squisita fattura. Diversamente avviene nella musica orchestrale: vi campeggia il Concerto per pianoforte, nel quale Piccioli fa sfoggio della sua formazione tanto di pianista (evidenti i richiami raveliani) quanto di compositore (nella ricca tavolozza orchestrale che ricorda l’esperienza respighiana). Anche gli altri lavori orchestrali sono improntati ad una scrittura spigliata e timbricamente effervescente (Burlesca e Sinfonietta concertante), con un occhio a reminiscenze di epoche più antiche (Intermezzi secenteschi, paralleli in questo alla Pavana e minuetto per pianoforte) o di quadri di colore locale (Siciliana). Forte impegno compositivo anche nel settore del balletto, nel quale Piccioli alterna un linguaggio più tradizionale (per La tarantola, rivolta a un pubblico italiano più moderato) a uno più audace, seppure non certo di avanguardia (per la Festa romantica orientata a un uditorio internazionale). Anche nelle musiche di scena c’è una simile alternanza fra un approccio ancora nettamente tonale congiunto a una ambientazione fiabesca (Cenerentola e I meravigliosi pupazzi) e una scrittura più spigolosa e allineata alle tendenze contemporanee (musiche di scena per l’Amleto).
Da ultimo dobbiamo considerare l’impegno di Piccioli come trascrittore, revisore e curatore moderno di opere antiche. Sebbene non si possa assimilare la sua azione a quella del musicologo che parte da un’opera del passato per investigare tutto il contesto musicale e culturale che lo circonda, e neppure in senso stretto come un filologo che conduce un serrato esame della tradizione testuale di un’opera, tuttavia questa particolare declinazione dell’impegno musicale di Piccioli non è meno importante delle altre. Con la grande quantità di opere che ha saputo recuperare alla modernità egli ha infatti contribuito in modo significativo al filone del recupero storico; le sue edizioni, inoltre, sono state concepite ai fini di effettive esecuzioni, approdate a concerti presso istituzioni e festival celebri, radiotrasmesse ed anche incise in edizioni discografiche. Un ulteriore contributo cioè a rivalutare e diffondere in misura capillare la cultura musicale.
Sei tracce
Pubblicazioni
Saggi: L’arte pianistica in Italia: da Clementi ai nostri giorni, Milano-Bologna, Carisch-Pizzi, 1931; Gemme pianistiche: appunti d’interpretazione, Como, Cavalleri, 1932; Nozioni di didattica pianistica, Como, Cavalleri, 1933 e rist. (poi Didattica pianistica, Milano. Curci, 1947 e rist.); Il concerto per pianoforte e orchestra: studio della forma e della sua evoluzione ad uso degli allievi di pianoforte: da Mozart a Grieg, Como, Cavalleri, 1936 e rist. (poi Il concerto per pianoforte e orchestra da Mozart ai contemporanei: studio della forma e della sua evoluzione ad uso degli allievi di pianoforte, Milano, Curci, 1954 e rist,); Forme pianistiche: studio sullo sviluppo e la costruzione delle varie forme ad uso degli allievi, Bologna, Bongiovanni, 1939?; Listz torna di moda, in «Rassegna musicale Curci», 4/2, aprile 1952; Giuseppe Piccioli, Respighi, Casella, Malipiero e l'arte pianistica in Italia, in Nel nome di Aleksandr e all'ombra di Claude. Il pianismo di primo Novecento fra Skrjabin e Debussy, a cura di Piero Mioli, Bologna, Pàtron, 2017, pp. 169-174.
Didattica pianistica: Esercizi preparatori per l’uso del pedale, Bologna, Bongiovanni, 1937; Antologia pianistica: ad uso delle scuole secondarie e dell’insegnamento privato, voll. I e II, Milano, Curci, 1955-56; Revisioni di opere didattiche di F. Beyer, H. von Bülow - J. B. Cramer, A. Cortot, Ch. - L. Hanon, S. Heller, M. K. Kunz, S. Lebert - L. Stark, I. I. Moscheles.
Revisioni pianistiche di opere di G. Aldrovandini, J.S. Bach, M. Clementi, G. Frescobaldi, F.J. Haydn, F. Liszt, B. Monari, F. Schubert e di clavicembalisti italiani. Trascrizioni, edizioni e revisioni di composizioni di T. Albinoni, G. Aldrovandini, C. Ph. E. Bach, F. Cavalli, D. Cimarosa, C. Debussy, G. Donizetti, G. Gabrieli, B. Galuppi, C. Jachino, N. Jommelli, L. Leo, A. Lotti, F. Manfredini, G. B. Martini, G. Martucci, P. Mascagni, G. Mulè, G. Paisiello, G. A. Perti, N. Piccinni, M. Portugal, L. Rossi, G. Rossini, A. Salieri, A. Scarlatti, A. Stradella, G. Torelli.
Composizioni originali
Per pianoforte: Notturno (1925), Tre trascrizioni (1926), Cinque pezzi facili (1931), Quadretti infantili (1931), Tre danze in miniatura (1931), Valse (1932), A sera (1932), Avanese (1932), Due miniature (4 mani; 1935), Tango da concerto (1935 o prima), Sei pezzi facilissimi (1939), Pavana e Minuetto (4 mani; 1939), Bozzetti (1942), Quattro invenzioni a due voci (1950), Caleidoscopio (1954), Le filastrocche dei nostri bimbi (1955), Il pescatore solitario (1959). Per pianoforte e orchestra: Burlesca (1937), Sinfonietta concertante (1947), Concerto (1950). Per canto e pianoforte: La madre piange (1931), Paolo e Virginia (1947). Per canto e orchestra: L’offerta delle rose (1929-1934), Berceuse (1955 o prima). Per coro: Voci che amavi (1932). Musiche di scena: Cenerentola (1948), Amleto (1952), Il signor di Porcelgnac (1955). Balletti: La tarantola (1942), Festa romantica (1943). Per orchestra: Siciliana (1931), Intermezzi secenteschi (1936), Tarantella (1940), I meravigliosi pupazzi (Stelladoro) (1948?).
Discografia
Giuseppe Piccioli, Valzer e Tango da concerto, Giuseppe Piccioli pf., Odeon, ca. 1938, 78 giri, (GO 12807; matrici: MO 6820+6821); Giuseppe Piccioli, Concerto per pianoforte e orchestra, Tullio Macoggi pf., Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Alberto Erede dir., Audiodiscs, 1955, 78 giri, [reg. privata dell’esecuzione al Comunale di Firenze, 6.III.1955, stagione d’inverno 1955, ore 17.00].
Videografia
William Shakespeare, Amleto [spettacolo teatrale trasmesso dalla RAI, Programma nazionale, il giorno 1.X.1955], regia teatrale di Vittorio Gassman, regia televisiva di Claudio Fino, musiche originali di Giuseppe Piccioli, VHS, Novara: De Agostini, 1991 [DVD-video Roma: RAI Trade. Milano: RCS libri, 2008].
Bibliografia
Giuseppe Piccioli pianista [a cura dell’]Ufficio concerti del «Pensiero musicale», Mattiuzzi & Biancani, Bologna [1926] [parzialmente disponibile si http://www.tuglie.com/piccioli_g.asp]; Mario Saint-Cyr, Tre personalia: Domenico Mancini, Carlo Alberto Petrucci, Giuseppe Piccioli, in «Rassegna Dorica, 4-11 (6-20.IV.1933), pp. 151-153; Claudio Sartori, Il regio conservatorio di musica “G. B. Martini” di Bologna, Firenze, Le Monnier, 1942; Piccioli, Giuseppe, in DEUMM. Le biografie, vol. 6, Torino, UTET, 1988, p. 7; Domenico Tampieri, La leggerezza dell’elefante: Guido Gallignani (1880-1974) concertista all’estero: carteggi nostalgia e critica internazionale di un contrabbassista compositore, Faenza, Edit Faenza, 2004; Mario Giuseppe Genési, Versioni musicate di liriche di Ada Negri, in «Archivio storico lodigiano», 125, 2006, pp. 247-298; Il Conservatorio di Milano secolo su secolo 1808-2008, a cura di Marina Vaccarini Gallarani, Elena Previdi, Paola Carlomagno, Milano, Skira, 2008; Daniele Carnini, Giuseppe Piccioli. Appunti per un profilo attraverso l’opera compositiva, in «Philomusica», 9/1, 2010; http://riviste.paviauniversitypress.it/index.php/phi/article/view/09-01-SG01/pdf_25 Gianandrea Piccioli, «Che fritto di pesce! Oriana», in Paolo Di Stefano, Potresti anche dirmi grazie: gli scrittori raccontati dagli editori, Milano, Rizzoli, 2010, pp. 311-329: Mario Giuseppe Genési, Intonazioni di compositori novecenteschi italiani ed ungheresi su versi della poetessa Ada Negri, in «Archivio storico lodigiano», 137/1, 2018, pp. 59-100 (pp. 84-87 su Voci che amavi).

Pietro Zappalà
Il multiforme ingegno di Piccioli
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021