Carlo Felice Cillario (San Rafael, 7.II.1915 - Bologna, 13.XII.2007).

Famiglia e carriera
I Cillario erano una famiglia di liquoristi di antica tradizione, originari di Dogliani in provincia di Cuneo. Nella seconda metà dell’800 crearono la famosa ditta di vini e liquori con sede a Bologna. Il capostipite Carlo ebbe almeno cinque figli. Il primogenito Felice ne ebbe almeno sei, l’ultimo dei quali, Giuseppe, nacque nel 1885. Poco più che ventenne, Giuseppe si imbarcò per New York, per poi raggiungere l’Argentina. Nel 1915 si sposò a Cañada Seca, piccolo centro in provincia di Buenos Aires, con la bolognese Augusta Cavicchi. La nascita del figlio Carlo Felice è un po’ avvolta nel mistero: la maggior parte delle fonti riporta che Carlos Felix nacque a San Rafael, nella provincia di Mendoza in Argentina il 7 febbraio 1915 (due mesi prima del matrimonio dei genitori). Carlo Felice ricordò il padre in alcune interviste:
«Mio padre amava tutto nella musica. Era potenzialmente un tenore perché aveva una voce meravigliosa ma un insegnante gli distrusse la voce in Sud America. Ha trascorso gran parte della sua vita a cercare un maestro che fosse in grado di impostargliela correttamente. Purtroppo non c’è riuscito così si è visto costretto a rinunciare al suo sogno. Amava soprattutto Wagner e anche Verdi e Puccini. Litigammo terribilmente perché gli dissi che l’opera in stile verismo era morta. La musica di Mascagni sapeva troppo di cipolla e Leoncavallo era mediocre. Allora mi disse che ero io ad essere mediocre, perché invece si trattava di due grandi compositori. In quel momento ero in Francia, quindi da Parigi mandai un cablogramma a mio padre, che era il mio migliore amico. Ho perso molto con la sua morte. Il cablogramma diceva: “Finalmente dirigerò Cavalleria» e la risposta di mio padre con un altro cablogramma fu “Povero Mascagni!”».
La famiglia su trasferì a Bologna nel 1923. Ricorda il Maestro:
«Sin da bambino ero in grado di riprodurre le note al pianoforte, videro la mia propensione per la musica e quando avevo cinque anni mi hanno messo un violino in mano per la prima volta. Davvero a otto anni suonavo i concerti di Mozart, non come un enfant prodige perché non lo sono mai stato, ma solo un bravo ragazzo che suona».
Nel database Insegnanti e allievi del Liceo Musicale consultabile sul sito del Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, che raccoglie e riordina varie fonti originali, l’anno di nascita di Cillario è segnato 1919, ma si tratta di un errore di trascrizione. In quegli anni il Liceo musicale di Bologna era considerato una delle migliori scuole di musica europee. Alla direzione c'era Cesare Nordio. L’archivio dell’oggi Conservatorio conserva ampia documentazione sull'allievo. Cillario studiò violino con Angelo Consolini dal 1925 al 1931, con compimento medio (licenza normale) nel 1930 e diploma finale (licenza superiore) nel 1932 avendo frequentato fino all’ottavo anno nel 1931. Frequentò anche la classe di composizione di Nordio nel 1929-30, dove ottenne la licenza normale con votazione media di 8 assieme a Medici (8 ½), Molinari (8) e Ferrara (9). Tra i diplomati del 1930 figuravano musicisti che sarebbero divenuto famosi: i direttori Franco Ferrara e Francesco Molinari Pradelli (allora solo Molinari), l’organista Luciano Sgrizzi, il contrabbassista Alfeo Gigli, la pianista Teresa Cafaro (una delle prime donne a diplomarsi in Italia), il violoncellista Amedeo Baldovino, il musicologo Mario Medici.
Che Cillario dovesse diventare un giramondo e un globetrotter lo si capisce già dai primi eventi biografici. Secondo alcune fonti, nel 1939 s’imbarcò da Genova per Montevideo, ma rientrando presto in Italia. Per quanto riguarda la sua attività a Bologna negli anni '40, si esibì al Comunale il 17 maggio 1942 nel concerto per violino di Brahms diretto da Francesco Molinari Pradelli. Fu proprio l’amico a suggerirgli di dedicarsi alla direzione d’orchestra, per la quale era naturalmente dotato. In quegli anni Cillario abitava in piazza Calderini 2, da dove il 12 settembre 1942 scrisse a Casa Ricordi per proporre la pubblicazione di una sua Canzone ed Allegro su un tema bulgaro per violino e pianoforte che, secondo la lettera, stava portando in tournée in Svizzera, Romania, Bulgaria, Spagna e Ungheria; ma ebbe risposta negativa.
Come direttore Cillario debuttò probabilmente con Il barbiere di Siviglia a Odessa nel 1942, dove si era esibito come violinista nei concerti di Brahms e Mendelssohn diretti da Molinari Pradelli. A Odessa insegnò anche violino al Conservatorio per un certo periodo: rimasto bloccato là dalla guerra nel 1943, durante una partita di pallone con alcuni ragazzi si fratturò un polso: ambiva a diventare violinista ma l'infortunio lo indusse a optare per la direzione; la fonte di questa notizia è diretta, ma come tutte le fonti dirette potrebbe essere poco veritiera (anch’io ho abbandonato il pianoforte per la rottura di un dito, ma più verosimilmente preferivo fare qualcos’altro). In effetti Cillario ebbe a dire: “Pensavo che non avrei più ripreso il mio strumento e m’indirizzai verso la direzione d’orchestra: in seguito ho comunque verificato che potevo ancora suonare il violino, anzi che la posizione era notevolmente migliorata” («Il Resto del Carlino», 4.VI.2002).
Nel 1945 Cillario sposò a Bucarest la pianista rumena Victoria (Vicky) Genoveanu; Victoria, che diversamente da Cillario era di temperamento romantico ed emotivo, abbandonò la carriera concertistica alcuni anni dopo il matrimonio: ebbero due figli, Lorenzo (1949) e Maria Claudia (1954-2020), entrambi nati a Tucumán, in Argentina, dove Cillario si era trasferito con l'incarico di costituire e dirigere l’Orchestra Sinfonica dell'Università. Tra i vari programmi diretti a Tucumán, il 19 giugno 1953 eseguì Antigone, Tre intermezzi per orchestra di Ettore Desderi, fortunato lavoro che era stato eseguito la prima volta vent’anni prima da Sergio Failoni. Diresse anche a Buenos Aires, La figlia di Jorio di Pizzetti nel 1955 e Aida, Tosca e Gioconda nel 1960; quindi La bohème e Tosca nel primo dei suoi numerosi tours a Città del Messico. Tra il 1953 e il 1963 Cillario diresse vari concerti sinfonici a Bologna, con programmi di ogni genere. Nel dicembre 1957 debuttò come direttore d’opera a Bologna con la Dama di Picche di Čajkovskij. Tornò nel dicembre 1959 con Carmen di Bizet e nel dicembre 1961 con Manon Lescaut; poi nell’estate 1962 con una serie di concerti, quindi tra ottobre e dicembre 1963 fece l’ultima sua apparizione a Bologna con la Traviata, portata anche in tournée con l’Orchestra del Comunale al Théâtre de Beaulieu di Losanna. Nel 1959 diresse un trittico di opere italiane moderne di Ghedini, Rossellini e Viozzi a Torino. Tra la fine degli anni '50 l’inizio dei '60 fu attivissimo in Italia come direttore all’Angelicum e all’Accademia di S. Cecilia. Le stagioni all’Angelicum inclusero un’intensa attività discografica, concerti e opere giovanili di Mozart come come Ascanio in Alba nel 1959 e Lucio Silla nel 1961. A questo proposito ricordava il Maestro:
«C’è qualcosa di molto divertente, che mi rende molto orgoglioso, ed è il fatto che ho diretto la prima mondiale della Betulia liberata. È un oratorio di Mozart. [...] Non era mai stato eseguito all’epoca di Mozart e neanche più tardi. Abbiamo fatto il disco in Italia quando ero direttore residente dell’Orchestra Angelicum di Milano, ed è stata la prima esecuzione completa. È un ottimo lavoro. Lo scrisse a quindici anni proprio come un normale ragazzo, ma aveva la maturità di trenta o quarant’anni».
Successi internazionali
Cillario fece il suo debutto alla Lyric Opera di Chicago nel 1961 dirigendo La forza del destino di Verdi. Vi tornò annualmente fino al 1965, aggiungendo al suo repertorio abituale Don Pasquale, Favorita, Cenerentola e Madama Butterfly. Nel 1962 diresse nuovamente La favorita, a Lisbona, con particolare successo. Negli anni '60 fu molto attivo all’estero, dirigendo alcuni allestimenti legati a eventi famosi e chiacchierati. Nel 1964 diresse la prima della famosa Tosca al Covent Garden di Londra con Maria Callas, che al termine di quella serata inaugurale rispose con 27 chiamate sul palcoscenico a un’ovazione durata 40 minuti. Fu uno spettacolo memorabile, poi ricordato attraverso un alone di leggenda. Ne fu anche fatta una registrazione che andò in onda alla televisione. Ricordava Cillario nel 1982:
«Ho avuto il piacere di dirigere la Callas al Covent Garden per diverse rappresentazioni di Tosca in una produzione Zeffirelli molti anni fa, molta gente dormì due giorni e tre notti nel gelido clima di novembre per accaparrarsi i biglietti... Sì. Dormivano accendendo piccoli fuochi con gli amici preparando il caffè, solo per poter entrare agli spettacoli. All’ultimo momento furono venduti quaranta posti in piedi, ma c’erano duecento persone in coda e solo quaranta sopravvissuti riuscirono a entrare [...] c’era un grande entusiasmo durante le prove e la generale fu la più emozionante. La prima sera ci fu una grande eccitazione, ma dopo la prima ho iniziato ad annoiarmi. Confesso che Tosca non è la mia opera preferita di Puccini. Con la Callas abbiamo fatto sette spettacoli più il secondo atto per la televisione, che a volte trasmettono ancora. Ma quando prendi un cast come Callas, Tito Gobbi, il tenore Cioni e la produzione di Zeffirelli - che è stata molto acclamata - poi l’orchestra e il coro erano meravigliosi, il pubblico impazziva acclamando per venti minuti dopo la fine di ogni atto”».
Nel 1965 Cillario tornò al Covent Garden con la Traviata (Scotto e Pavarotti); poi passò a Città del Messico per Otello e Falstaff, quindi debuttò alla Carnegie Hall con Roberto Devereux di Donizetti, con Montserrat Caballé nei panni della regina Elisabetta I. Questa fu la prima di molte collaborazioni tra la cantante e il direttore d’orchestra come Traviata e Manon a Madrid, Maria Stuarda a New York, Roberto Devereux a Barcellona e Il pirata di Bellini al Drury Lane di Londra nel 1969. Quest’ultimo fu un grande successo sia per Caballé, che cantò Imogene con le stampelle dopo un incidente, sia per il direttore d’orchestra. A Cillario è stato attribuito poi il merito di aver persuaso la Caballé a cantare il repertorio del belcanto, per il quale avrebbe poi avuto un riconoscimento internazionale.
Nel frattempo Cillario aveva debuttato all’Opéra di Parigi, all’Elizabethan Opera Trust, all' Adelaide Festival. Questa prima apparizione in Australia dall’Elizabethan Trust fu molto apprezzata e Cillario tornò nel 1969, quando diresse Madama Butterfly e Falstaff a Canberra e di nuovo Falstaff (con Tito Gobbi) e Un ballo in maschera a Melbourne. Quell’anno tornò al Covent Garden per Macbeth, seguito dalla Sonnambula con Renata Scotto. Nel 1970 fu nominato direttore musicale dell’Elizabethan Opera Trust, ma dovette rinunciare all’incarico l’anno successivo a causa degli impegni in Europa e in America. Tra questi un debutto a S. Francisco nel 1970 con Tosca e Nabucco, seguito nel 1972 dal Trovatore. Sempre nel 1972 fece il suo debutto al Metropolitan di New York con la Sonnambula, seguito nel 1973 da Norma con la Caballé al suo debutto al Met: il soprano aveva cantato per la prima volta il ruolo a Barcellona nel 1970 sempre con Cillario, che l’anno successivo l’avrebbe diretta nel Pirata e nella Bohème a Barcellona, Maria Stuarda alla Scala e Norma alla Royal Festival Hall. La loro successiva collaborazione fu al Covent Garden nel 1972, quando la Caballé cantò nella Traviata di Visconti. Poi gli impegni del maestro si concentrarono soprattutto in Australia: da una magnifica Aida nell’auditorio della nuova Sydney Opera House fino al suo pensionamento nel 2003 e al definitivo rientro in Italia, dopo un concerto di addio con numerose stelle della lirica.
Il suo stile direttoriale, come si può vedere dalle registrazioni video (soprattutto dalle ultime), era piuttosto atipico, ma di grande efficacia. Il particolare successo nella direzione lirica si deve alla predisposizione per la cantabilità, frutto della sua esperienza di violinista: “Dobbiamo chiedere ai cantanti di cercare di imitare gli strumenti e agli strumentisti di provare ad avere il tipo di flessibilità che a volte hanno i cantanti”, diceva. Come uomo era politicamente agnostico, disinteressato a tutto ciò che non fosse attinente a un'arte che intendeva come missione, portatrice di una purezza e superiorità che dall'esterno nulla poteva scalfire: tranne forse che dalla passione calcistica, dall’accesa fede rossoblù nel suo Bologna. In vecchiaia, fino alla morte in tarda età il 13 dicembre 2007, alternò soggiorni tra la casa bolognese in via di Casaglia e il buen retiro di via Braglia a Castel S. Pietro Terme, nella casa di campagna acquistata dal padre prima della guerra, per leggere, studiare, dedicandosi soprattutto alla composizione.
Lo ebbi per poche settimane come maestro di direzione d’orchestra al Conservatorio di Bologna verso il 1985. Mi parve di notare un velato scetticismo verso la vita musicale italiana: in effetti dall’inizio degli anni '60 non diresse quasi più in Italia, e raramente nei maggiori teatri della penisola. Per lui valeva il detto nemo propheta in patria? Potremmo dire, con un luogo comune tipico dell’oggi, che forse Cillario fu una di quelle ‘eccellenze italiane’ meglio riconosciute all’estero piuttosto che in patria. Considerava Bologna una città poco aperta alle novità, ma si sentiva sempre bolognese. Lo ricordò nell’intervista del 1982, dove si apprende qualcosa di più su di lui e la sua famiglia, sul suo stile direttoriale e sulle sue preferenze:
«All’inizio della mia carriera sono stato costretto a dirigere Wagner in italiano. Ho fatto Der Fliegende Holländer in italiano, ed è qualcosa di molto speciale, soprattutto a Bologna, la città dove studiavo. La considero “la mia città” anche se non ci sono nato! Bologna ha un meraviglioso pubblico wagneriano perché Giuseppe Borgatti, un grande cantante wagneriano italiano, nacque proprio vicino a Bologna, e Giuseppe Martucci era il direttore del Conservatorio, ed era pazzo per Wagner. Quindi ci sono state delle buone rappresentazioni di Wagner e ancora adesso c’è un meraviglioso pubblico wagneriano a Bologna. Un uomo molto intelligente ha tradotto tutte le opere di Wagner, e al Conservatorio c’è una grande immagine con scritto “Riccardo Wagner, Cittadino Bolognese”. In un paio di occasioni è stato affermato che Lohengrin forse era meglio in italiano che in tedesco!»
Autografi e altro
Tra gli autografi di Carlo Felice Cillario, oggi conservati nella casa di famiglia: Elegia a due voci per ob.-fg. e pianola; Filtro, Cadenza e Potpourri per vl. accordato; Variazioni su un tema egizio per vl. e pf. (anche per vl. solo); 3 Canzoni per 3 Stelle (Canto di un menestrello a Pavarotti, Adesso so per chi canto! a Carreras, Viva los Mariachis! a Domingo); Allegra Fantasia sul Barbiere per fl. e piccolo complesso (o pf.), omaggio alla prima opera che aveva diretto; 3 Esercizi per vl., registratore e metronomo (1. Alla marcia (Fanfara), 2. Corale elegiaco, 3. Introduzione e Corale un po’ canonico); Fantasia e Fuga per quartetto d’archi, libera trascr. dal Falstaff di Verdi. Infine le scene liriche: L’ultimo incontro (Didone languente) per voce e pianoforte (aprile ’98) e Barbarina e il signor Conte (dialogo per una sola voce di mezzosoprano); queste composizioni furono affidate alla cantante “Donna Anna C. di via Fondazza”, come riportato in una lettera del 20 luglio 1998, ma non si capisce di chi si tratti. Cillario scrisse una deliziosa serie di ritratti di personaggi con cui aveva collaborato: Così li vidi io, racconti e memorie, di pubblicazione auspicabile. Al 1935 risale la pubblicazione Carlo Felice Cillario, violinista (Bologna, Aldina), che riporta anche il curriculum d'allora.
Quanto alla bibliografia, oltre alle numerose recensioni dell'attività discografica (Celletti, Steiger, Giudici, Nava): Mario Medici, Un mio lontano incontro con Szymanowski, polacco di razza, voglioso di Occidente, in «Quadrivium», XXV/1, 1984, pp. 285-88; Conductor Carlo Felice Cillario. A Conversation with Bruce Duffie, Chicago, 1982; (http://www.bruceduffie.com/cillario.html); Castello, che musica... Intervista al direttore d’orchestra Carlo Felice Cillario, in «Il Resto del Carlino», 4.VI.2002; Obituaries: Carlo, Cillario, «The Telegraph», 21.XII.2007; Elizabeth Forbes, Carlo Felice Cillario: Opera conductor, in «Independent», 24.XII.2007; Yonel Buldrini, Hommage à Carlo Felice Cillario, maître du “moderato mosso” (www.forumopera.com, janvier 2008). Si ringrazia la famiglia Cillario.

Luigi Verdi
Cillario, cittadino del mondo
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021