Francesco Vatielli (Pesaro, 1.I.1877 - Portogruaro, 12.XII.1946).

Un conte in biblioteca
Narrare della vita e dell’attività di Francesco Vatielli significa ripercorrere le prime tappe della storia della musicologia, disciplina che in Italia muove i primi passi proprio negli anni di formazione del Nostro.
Nato a Pesaro, ma formatosi, oltre che nella città natale, anche a Bologna e a Firenze, pur collocandosi sulla scia quasi pionieristica dei pochi illustri predecessori e contemporanei, Vatielli ha avuto, come vedremo nel procedere del nostro racconto, più di un merito nella storia di una disciplina giovane ma promettente. Ma andiamo con ordine.
Francesco Vatielli nasce, come detto, a Pesaro in una nobile famiglia (il padre è il conte Giulio Cesare Bacci Vatielli e la madre la marchesa Clelia degli Azzi Vitelleschi), in un giorno davvero particolare, che determina anche l’incertezza che i repertori e le enciclopedie più accreditate hanno sulla data da scrivere all’inizio della voce: per fare due esempi autorevoli, mentre la Treccani indica il 1° gennaio 1877, il New Grove si attesta sul 31 dicembre 1876. Lasciamo aperta la questione e cominciamo a parlare di Francesco, che inizia i suoi studi nella città natale, si avvicina dapprima al violino, che presto abbandonerà, e poi alla composizione, disciplina nella quale dopo avere frequentato le lezioni di Cicognani e Mascagni, si diplomerà nel 1903, ma come privatista, ostracizzato come sostenitore del maestro livornese nella celebre disputa con il Comune. Si trasferisce quindi a Bologna dove, senza abbandonare gli studi musicali, si iscrive dapprima al Collegio San Luigi e poi alla facoltà di Lettere dell’Università, dove è allievo del corso di Filologia di Carducci e dove si laureerà nel 1908.
La scintilla della musicologia si accende poco dopo, all’Istituto di Studi Superiori di Firenze quando, allievo di filosofia di Pasquale Villari, proprio mentre inizia la sua attività di bibliotecario e insegnante di Storia della Musica presso il Liceo Musicale bolognese, Vatielli prende contatto col compositore e musicologo Riccardo Gandolfi. Come possiamo notare, è una carriera che presenta già anomalie evidenti rispetto alla consuetudine: a differenza di quanto accaduto fino a quel momento, Vatielli infatti aggiunge per la prima volta all'insegnamento storico-musicale una competenza tecnica che gli consente non solo di narrare dall’esterno le vicende di opere e compositori, ma anche di entrare direttamente nel merito dei brani, mescolando scienza e tecnica, cultura e storia. Un intreccio virtuoso che nel 1908 lo porterà a fondare a Ferrara, con la complicità di Guido Gasperini e altri studiosi, l’Associazione dei musicologi italiani. Per farla breve: a poco più di trent’anni, e proprio partendo da Bologna e dal suo Liceo Musicale, il Pesarese si colloca in una posizione precisa e originale nella vicenda storica della musicologia italiana. Anche se, pur occasionalmente, non abbandona il suo istinto di compositore e pubblica un buon numero di brani musicali che gli valgono l’aggregazione (senza esame) all’Accademia Filarmonica di Bologna il 29 luglio 1910, lo stesso giorno fra l'altro di Giovanni Tebaldini e Ottorino Respighi.
Nel 1907, dunque, Vatielli ha iniziato la sua attività di docente di Storia ed Estetica della Musica e di bibliotecario al Liceo Musicale di Bologna (dove sarà anche direttore tra il 1924 e il 1925). E proprio in biblioteca, certamente favorito dal contatto quotidiano con l’immenso, meraviglioso e all’epoca ancora in gran parte sconosciuto patrimonio bibliotecario ereditato da Padre Martini, inizia un lavoro di esplorazione e divulgazione dei contenuti di questa sorta di paese dei balocchi musicali. Il suo interesse si volge da subito alla musica rinascimentale e barocca, in particolare italiana, con l’intento specifico di indagare sull’ancora pressoché ignota scuola musicale bolognese. Eccolo, allora, scrivere di questi argomenti per le riviste musicologiche scientifiche italiane, dalla «Rivista musicale italiana» alla «Cronaca musicale», ma anche per testate e bollettini meno specialistici come quelli editi dal Comune di Bologna.
Ed eccolo, ancora, instancabile divulgatore, attivo come critico musicale del quotidiano locale, «Il Resto del Carlino», e come corrispondente di altri periodici nazionali, oltre che come conferenziere organizzate dallo Studio Bolognese e da Università popolari, dove trasforma le proprie ricerche scientifiche sui protagonisti dell’antica musica felsinea in racconti adatti anche ai non specialisti. A scorrere il numero incredibile di pubblicazioni, quella di Vatielli sembra essere un’attività instancabile: se, certamente, non fu il primo a dedicarsi alla ricerca storico-musicale (basti ricordare in ambito bolognese e pesarese il suo predecessore in biblioteca Gaetano Gaspari o i musicologi Luigi Torchi, Ugo Sesini o Giuseppe Radiciotti), egli esplorò tuttavia le antiche grandezze della scuola musicale bolognese in modo nuovo, scegliendo un orientamento filologico e storicistico egualmente distante sia dal positivismo di Oscar Chilesotti che dall’idealismo di Fausto Torrefranca. Gli innumerevoli scritti di Vatielli, fra testi divulgativi e testi scientifici, partono infatti dalle fonti e dalla verifica completa e puntuale di tutte le informazioni accumulate nel passato. Questo vale sia per i lavori che si appoggiano sulla biblioteca del Liceo di Bologna sia per quelli che studiano gli antichi materiali musicali della Biblioteca Oliveriana di Pesaro sui quali, grazie agli spazi sulla «Cronaca Musicale», ripete in ambito marchigiano l’azione di rivalutazione analoga a quella attuata sui bolognesi individuando i precedenti e i coevi di Pergolesi e di Rossini, Vatielli sarà bibliotecario del Liceo bolognese fino al 1945 e appena un anno dopo il pensionamento morirà nell’ospedale di Portogruaro (Venezia), il 12 dicembre 1946. A conclusione del breve percorso citiamo Andrea Della Corte, che scrive: «Vatielli è stato autodidatta, non ebbe né maestri né guide. Non poté fare altro, stando in Italia. La sua modesta [sic] attività riflette un periodo di transizione. Il suo merito fu quello di essere stato fra i primi a dedicarsi a una disciplina che non aveva ancora nel pubblico italiano alcuna risonanza».
Sei libri
L’attività pubblicistica di Francesco Vatielli è vasta ed articolata, come vasti e articolati sono i suoi interessi. In maniera sistematica possiamo suddividere la sua produzione in quattro grandi categorie: libri e articoli di carattere storico-musicologico, testi compilati a scopo didattico e divulgativo, revisioni di musica antica, infine composizioni musicali originali. Ci si perdonerà se trascureremo le ultime due parti di questo nostro elenco, limitandoci a citarne i titoli più significativi nel catalogo delle opere, perché riteniamo che la centralità e l’importanza storica della figura del nostro musicologo sia legata, appunto, soprattutto all'attività di ricercatore della quale, per evidenti ragioni di spazio, ci limiteremo a ragionare sui titoli più significativi ed esemplificativi.
È bene cominciare dalla produzione musicologica, da un classico come Arte e vita musicale a Bologna, edito da Zanichelli nel 1927. Giunto ai cinquant’anni, Vatielli fa il punto sulle proprie ricerche e pubblica un volume miscellaneo su uno dei suoi più importanti filoni di indagine: la valorizzazione della scuola bolognese del Rinascimento e del Barocco. È lui, perfettamente consapevole del fatto che i saggi non siano uniformi né dal punto di vista della scrittura e né per il livello di profondità dell’analisi, a spiegare la decisione di non produrre un testo organico ma di raccogliere senza modifiche gli scritti su questa scuola già editi in precedenza, principalmente sulla RMI. Nella prefazione afferma che il volume più che un testo musicologico è un omaggio alla patria d’elezione e di adozione, di amicizie e di studi e a chi (il testo è dedicato all'italianista Giuseppe Lipparini) gli ha insegnato le metodologie più innovative sulla storia e sulla sua narrazione. Basta poi leggere i titoli dei capitoli, ciascuno non a caso corredato da un breve sommario, per notare come l’interesse non sia limitato alla musica ma si allarghi anche a tutti gli “aspetti più originali e significativi” (sono parole sue, come tutte quelle virgolettate da qui in avanti) di quella scuola. Tutto ciò con la necessità di collocare ogni evento e ogni personaggio all’interno di un contesto e di un mondo più generale, in modo da motivare la centralità e la capacità di mediazione, fino a quel momento trascurata, della cultura musicale felsinea: che Vatielli collega alla coeva scuola pittorica compresa fra i Carracci e il Guercino. I maestri bolognesi, la cui scuola “nasce irradiata dagli ultimi bagliori della scuola veneziana e romana, ed è quasi contemporanea a quella di Napoli, [...] con le quali per affinità e per scambi di civili e politiche consuetudini si trovava in frequenti contatti”, si inseriscono quindi sia nel percorso di nobilitazione della tradizione popolare italiana rinascimentale (nell’articolo dedicato ai canzonieri musicali del '500) sia nel passaggio dalla polifonia alla monodia (nel saggio dedicato al madrigale drammatico e Adriano Banchieri). Bologna costituisce poi anche uno snodo fondamentale nello sviluppo delle forme strumentali, come si evince dai capitoli dedicati rispettivamente alla scuola violoncellistica, ai maestri del violino, a Corelli, alle origini del concerto a partire da Torelli. In questa ottica globale, infine, l’ultimo capitolo della raccolta è dedicato all’editoria musicale, che dopo l’avvio veneziano nel secolo successivo ha visto proprio Bologna tra i centri più importanti.
Per celebrare i cent'anni dalla nascita e i trent’anni dalla morte di Vatielli, nel 1976 Giuseppe Vecchi pubblica presso Forni un secondo volume di Arte e vita musicale a Bologna dove, per completare fino alla fine dell’800 l’arco storico delle ricerche del musicologo pesarese, riunisce saggi apparsi sulle riviste RMI, «Strenna storica Bolognese» e «L’Archiginnasio». Il volume, dopo un articolo dedicato all'amata scuola cittadina riparte dal Barocco, col saggio sulla figura di Alessandro Piccinini ritenuto all’epoca l’ultimo rappresentante della tradizione liutistica italiana. Sul '700 si concentra il cuore della raccolta: all’articolo sulla musica strumentale e sulle origini del sinfonismo segue quello sui Riflessi della lotta gluckista in Italia: il riformatore tedesco è messo in relazione anche con Padre Martini, al quale non a caso è dedicato un altro importante contributo. L’arco storico si completa poi nell’800, con la figura di Rossini indagata principalmente nella sua attività bolognese e con un inevitabile sguardo alla questione wagneriana.
Se i capitoli di Arte e Vita musicale a Bologna sono frutto di ricerche effettuate in epoche e sedi diverse, tre titoli nascono, al contrario, dal desiderio di dare veste organica ad articoli apparsi a puntate sulla medesima rivista. Contemporaneamente alle indagini sulla scuola bolognese e sulle antiche glorie marchigiane, nel 1908 Vatielli pubblica sulla «Cronaca musicale» sette articoli sulla Lyra Barberina di G. B. Doni, riuniti in un unico fascicolo nello stesso anno da Nobili di Pesaro. Questa volta il musicologo allarga lo sguardo all’organologia, entrando nello specifico di uno strumento "teorico" tardo-rinascimentale nato dal “desiderio intenso di adattare, anzi di costringere, i nuovi tempi e i nuovi spiriti ad un mondo non più vivo, a uno spirito ormai senza vigore”. Sempre sulla «Cronaca musicale» di Pesaro, nel 1912, compaiono i tre articoli Canoni musicali di Ludovico Zacconi, radunati in un libriccino edito sempre da Nobili nel 1919. Sulla scia dei pionieri della musicologia Luigi Torchi e Tancredi Mantovani, entrambi bibliotecari al Liceo Musicale di Pesaro tra '800 e '900, Vatielli si inserisce nel filone di ricerca aperto da Giuseppe Radiciotti che intendeva recuperare le glorie musicali delle terre dell’antico ducato nel Rinascimento e nel Barocco, non certo per sminuire la figura di Rossini ma anzi per inserirla in un ricco e vario panorama culturale di cui l’operista doveva divenire e rappresentante internazionale. Infine citiamo La Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna, pubblicato da Zanichelli nel 1917 (e ristampato da Forni nel 1989), dove Vatielli raccoglie tre articoli apparsi su «L’Archiginnasio» tra il 1916 e il 1917: La biblioteca del Liceo Musicale, Gaetano Gaspari e l’ordinamento della Biblioteca, La Biblioteca e gli studi di storia musicale esplorano l’origine, la consistenza e la storia del grande patrimonio e dimostrano come i materiali ivi conservati possano essere preziosi a una nuova storiografia della musica. Ed ecco tre testi di carattere didattico. I due volumi di Materia e forma della musica (Firenze, Le Monnier, 1923; Bologna, Zanichelli,1927) nascono da una visione che Vatielli palesa senza mezzi termini nelle prime righe della prefazione: divulgare l’arte e la musica grazie a un prodotto che si collochi tra “il manualetto ligio e ossequioso ai regolamenti scolastici” e “la rocca della severa erudizione e dell’austerità filologica”.
Il nostro storico nota infatti che mentre nelle altre discipline artistiche questo cammino è, se pure a fatica, già iniziato, non altrettanto è accaduto nella musica; e cerca di spiegarsi questo fatto: in Italia la musica è considerata una disciplina pratica, volta a costruire “manovali e routiniers dell’arte” senza quella formazione culturale generale che dovrebbe essere indispensabile per affinare la propria sensibilità e rendersi conto del significato estetico di ciò che si sta facendo. Ma altrettanto questa apertura culturale dovrebbe essere indispensabile agli ascoltatori, che invece ora gustano la musica “senza comprenderla affatto” o conoscendone solo “alcuni aspetti superficiali, come spesso si può dedurre dai loro spesso ridicoli giudizi”.
Mosso da intenti di divulgatore (“mi auguro che quest’opera riesca di qualche frutto ai giovani [...] e anche a quelli che non coltivano la musica ex professo”) ma senza perdere di vista il senso vero e scientifico della materia, Vatielli suddivide la sua proposta in tre parti distribuite nei due volumi, nel primo dei quali, dopo alcune brevi essenziali ma chiarissime nozioni di acustica, propone un excursus nell’organologia, mediando tra le varie opinioni sull’origine degli strumenti e presentando “frutti di personali indagini” sull’origine dell’orchestra moderna e sul suo progressivo strutturarsi.
Il secondo volume presenta invece l’analisi delle forme vocali e strumentali e “una delineazione rapida della musica di scena”, condotte sulla base delle suddivisioni per generi, sulle tappe storiche più importanti per ciascuna forma e grazie all’opera degli autori determinanti in questo percorso. Come negli altri testi di carattere didattico, nemmeno in questo, di intento più divulgativo, mancano esempi mirati e appendici che integrano la narrazione, oltre a interessanti e specifiche indicazioni bibliografiche. Si tratta quindi di un’opera utile “in un paese dove, di fatto, di musica molto si ciancia e si sentenzia, e ben poco generalmente si sa”.
Chi ha insegnato Storia ed Estetica della musica in un Conservatorio italiano prima della riforma del 1999 conosce bene il problema che Vatielli provava a risolvere con una Storia della Musica esposta in tavole sintetiche (Milano, Signorelli, 1936). Fino alla riforma, infatti, il programma prevedeva un itinerario storico dalle “origini della musica ai tempi moderni” con l’apprendimento di una congerie di nomi, date, titoli di opere e concetti estetici che un esame ancor più nozionistico riduceva a puro esercizio meccanico e che ogni studente, indipendentemente dalla propria formazione culturale, doveva conoscere nello stesso modo. Per aiutare i propri studenti in questo cammino a ostacoli, il docente Vatielli decide così di produrre un testo che ripercorre il famigerato programma ministeriale (acustica compresa) mescolando una buona dose di nozioni con i dati ritenuti il "minimo sindacale" al fine di far superare il terribile esame-barriera per il proseguimento degli studi. E scrive nella prefazione: “Ho cercato di esporre la materia con chiarezza di dettato e con l’intento precipuo di dire soltanto il necessario. Ho evitato la solita litania di nomi che, non corredati da commento, [...] non rappresentano altro che un inutile e vano sforzo mnemonico”. Dati e concetti sono esposti in modo da poter servire agli studenti meno preparati, ma costituiscono una buona base di partenza per gli altri. A questi, poi, si fornisce una bibliografia di straordinario interesse (meritevole di un articolo a sé) che consiglia “opere di letteratura musicale in italiano e in francese che ci sembrano più facilmente accessibili alla maggioranza dei nostri lettori” e affianca fonti, articoli e testi specifici pubblicati da metà '800. Delle quaranta tavole, le prime tre esauriscono l’acustica, l’antichità” occupa i nn. 4 e 5, il Medioevo i nn. 6-12, il Rinascimento i nn. 13-14, i "tempi moderni” (fino alla prima Guerra Mondiale) le ultime 16. Ciascuna tavola, che riempie due pagine di un fascicolo di grande formato, è suddivisa in colonne verticali parallele, in modo da offrire il quadro della contemporaneità degli eventi in luoghi differenti. In ciascuna colonna, infine, l’argomento è svolto in maniera da mescolare la giusta quota di nozioni con commenti e considerazioni storiche ed estetiche, per allargare lo sguardo oltre la musica, al contesto storico e culturale nella quale ciascun compositore o movimento artistico è inserito. Un piccolo divertente particolare: la traduzione dei nomi dei compositori stranieri in italiano, fatto che crea a noi, abituati da tempo ormai a chiamare le persone col loro nome d'origine, un piccolissimo effetto di straniamento.
Materia annuale obbligatoria per cantanti e compositori (anche se con livelli di approfondimento differenti), la Letteratura poetica e drammatica è tra quelle discipline che sono rimaste all’interno dell’ordinamento degli studi musicali fino alla riorganizzazione del 1999. La materia, di solito affidata a storici della musica con competenze letterarie, non ha mai goduto di fortuna editoriale e di manuali che riuscissero nella sintesi perfetta tra vastità e specificità del programma e brevità del corso. Era infatti necessaria una straordinaria capacità di sintesi e una cultura che intrecciasse letteratura, storia e musica con l’obiettivo di fornire alle due categorie dei destinatari le basi necessarie agli uni (i compositori) per potere musicare correttamente un testo e agli altri (i cantanti) per interpretarlo con altrettanta efficacia. Con la Letteratura poetica e drammatica ad uso dei Conservatori (Milano, Signorelli, 1938) Vatielli sembra trovare la congiunzione astrale perfetta. Si accinge all’impresa spiegando, nella chiarissima introduzione, gli obiettivi didattici e la metodologia espositiva di contenuti che spesso si intrecciano e rischiano di confondersi con il percorso storico. E oltre ad aggiungere al testo appunti di scenografia e riferimenti all’abbigliamento scenico, sottolinea la sua attenzione alla letteratura (dalla metrica alla storia dei diversi generi letterari) secondo le direttive della Musical Association di Londra, ribadendo la distinzione tra le forme di poesia per musica e quelle letterarie propriamente dette. Anche qui completa il volume una nota bibliografica amplissima, relativa a ciascun argomento e a ciascun autore non senza l'indicazione dei testi più utili di storia della letteratura generale.
Almeno una menzione spetta ai due volumi di Materia e forma della musica, editi il primo a Firenze da Le Monnier nel 1923 e il secondo a Bologna da Zanichelli nel 1927.
Dalle conferenze ai carteggi
L’elenco completo della produzione di Vatielli divulgatore, saggista, revisore e compositore occuperebbe assai più dello spazio che abbiamo a disposizione qui. Sterminato è il numero dei programmi di sala per i concerti, così come innumerevoli sono le conferenze tenute presso il Liceo Musicale, associazioni di grande prestigio come l’Accademia Filarmonica, l'Università popolare (quivi con finalità divulgative). Sono dissertazioni tenute nell’anno accademico 1909-1910 e sempre arricchite da esecuzioni musicali fornite da grandissimi interpreti come Bossi all’organo e Bruno Mugellini al pianoforte (ma sul clavicembalo!). Non vanno dimenticati poi gli interventi ai convegni, come quello al II Congresso internazionale di musica svoltosi a Firenze e Cremona nel 1937 che analizza i rapporti tra la letteratura violinistica e quella liutistica. Quanto agli articoli, l’ampiezza del raggio d’azione e della notorietà risulta dall’elenco alfabetico di alcune delle riviste, scientifiche e no, nelle quali appare il suo nome: «L’Archiginnasio», «Atti e memorie della Reale deputazione di Storia patria per le provincie di Romagna», «Bollettino del Comune di Bologna», «Bologna, rivista del Comune», «Chigiana», «Il Comune di Bologna», «La Critica musicale», «La Cronaca musicale», «Il Giornale d’Italia», «La cultura musicale», «Il libro d'oro», «Il Marzocco», «Note d’archivio per la storia musicale», «La Nuova musica», «Il Pianoforte», «Psalterium», «La Rassegna musicale», «Il Resto del Carlino», «Rivista musicale italiana», «Strenna storica bolognese», «Studi marchigiani», «Tesori delle biblioteche d'Italia».
Sui libri ci siamo già soffermati ampiamente. Legata all’attività di musicologo è indubbiamente quella del revisore, in particolare della musica del Cinque-Seicento e dell’antica scuola bolognese. In questo contesto si inseriscono i 2 volumi di Antichi maestri bolognesi (Bologna, Venturi, 1919), i 3 fascicoli dei Classici della Musica Italiana dedicati a Banchieri (Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1918-1819), le Villotte del fiore di Filippo Azzaiolo (Bologna, Pizzi, 1921), i 4 volumi di Antiche Cantate d’amore (Bologna, Bongiovanni, 1907-1920), i Canzonieri musicali del '500: contributo alla storia della musica popolare italiana (Milano, Bocca, 1921), le Antiche Cantate spirituali, (Torino, Sten, 1927) e i Madrigali di Carlo Gesualdo, principe di Venosa (Istituto italiano per la storia della musica, 1956). Segnaliamo poi le prefazioni alle raccolte di Composizioni di antichi autori bolognesi edite da Giuseppe Piccioli (Bologna, Bongiovanni, 1933) e alle Nuove musiche di Giulio Caccini (Roma, R. Accademia d'Italia, 1934) oltre alle arie di Cesti, Sarti e Salieri pubblicate nella Piccola antologia settecentesca di arie e duetti inediti o rari riveduti e trascritti per canto e pianoforte (Milano, Ricordi, 1925).
L’ultima sezione del catalogo è dedicata al Vatielli compositore se pure questa non abbia, ad oggi, una posizione di rilievo. Se escludiamo gli Intermedi e frammenti musicali per La Favola di Orfeo di A. Poliziano (Bologna, Bongiovanni, 1905), Vatielli scrive quasi esclusivamente musica vocale e pianistica. Ricordiamo le pagine su testi di noti poeti: solistiche come L’infinito (G. Leopardi, Bologna, Tedeschi, s.d.), 2 Melodie (G. Pascoli, Firenze, Forlivesi & C., 1900), Canti delle stagioni (L. Orsini, Bologna, C. Venturi, 1911), Canti di vita (R. Pantini, Bologna, C. Venturi , 1911) e Canti di Melitta (G. Lipparini, Bologna, C. Venturi, 1911); corali come Il mago Merlino (G. Pascoli, Milano, Carisch, 1934), Io piango (M. Buonarroti, Milano, Carisch, 1934) e La fontana malata (A. Palazzeschi, Milano, Carisch, 1937). Per pianoforte segnaliamo Ideale (s.l., Terenzi, 1898), Fiabe e balocchi (Bologna, Pizzi, s.d.), La pioggia sopra i bambou e Figurine cinesi (Milano, Ricordi, 1920) ed Egitto (Milano, Treccani, 1932).
Infine la bibliografia. Come per molti protagonisti della prima stagione della musicologia italiana, anche quella su Vatielli è scarsa. Le enciclopedie musicali non mancano di citarlo: in attesa della voce sul DBI, segnaliamo Oscar Mischiati nella MGG (vol. 13, 1966, pp. 1316-1318) e Carolyn Gianturco nel New Grove (vol. 25, 2001, pp. 339-340). Fra gli articoli apparsi su riviste culturali e musicologiche, ecco i due pezzi scritti da Vittorio Luce in «Picenum-Rivista Marchigiana Illustrata» sotto il titolo di Giovani artisti nostri (1911, nn. 7-8, 1913/1), che testimoniano quanto già all’inizio della carriera Vatielli suscitasse ammirazione e interesse; poi quelli della «Critica Musicale» (Luigi Parigi, La musica e il libro: V., II, 1919, pp. 67-68), della «RMI» (Andrea Della Corte, Francesco Vatielli, XLIX, 1947, pp. 225-227) e del «Musikforschung» (Federico Ghisi, Francesco Vatielli, II, 1949, pp. 5-9). Più recenti sono la Guida al Dizionario dei musicisti marchigiani di Giuseppe Radiciotti e Giovanni Spadoni (a cura di Ugo Gironacci e Marco Salvarani, Ancona, Editori delle Marche Associati, 1993) e i due contributi di Andrea Parisini: Così la storia della musica entra nell'Università: l'opera e la figura di un precursore, Francesco Vatielli, in «Saecularia nona annual: Università di Bologna 1088-1988», 1998-1999, pp. 99-100; e Francesco Vatielli e il primo storicismo italiano, in «Quaderni Musicali Marchigiani», VII-VIII, 2000-2001, pp. 127-136.
Non possiamo chiudere però il nostro percorso senza menzionare il Fondo Vatielli della Biblioteca del Liceo Musicale passato al Museo internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna che raccoglie, oltre ai saggi e agli articoli, anche documenti di vario genere relativi allo studioso; e conserva il consistente corpus di lettere giunte da ogni parte del mondo a richiesta di informazioni riguardanti materiali della Biblioteca stessa. In corrispondenza con Vatielli erano personalità tra le quali Hermann Abert, Guido Adler, Ferruccio Busoni, Edward J. Dent, Alfred Einstein, Guido Gatti, Knud Jeppesen, Theodor Kroyer, Gian Francesco Malipiero, Guido Pannain, Marc Pincherle, André Pirro, Henri Prunières, Giuseppe Radiciotti, Gino Roncaglia, Luigi Ronga, Carlo Schmidl, Giovanni Tebaldini e Fausto Torrefranca.

Maria Chiara Mazzi
Vatielli, storico pioniere
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021