Alfredo Casella

Alfredo Casella.
Sull' attivissimo musicista torinese e sulla sua arte di compositore (quella del pianista e del direttore d'orchestra sono meno discusse) fervono da parecchi anni le battaglie critiche. Qui amici ed estimatori ferventi, là feroci avversari.
Rarissimo l'apprezzamento equilibrato e sereno; non rara l'ostentazione agnostica.
Di porre fine alla lotta dei pareri ha tentato lo stesso Casella in un volume dal titolo cabalistico ma dal contenuto assai franco e chiaro. «21+26» è una specie di autobiografia artistica scritta nel 1930 e racchiudente nell'indovinello numerico del frontespizio questo senso: età della ragione (21 anni) più 26 anni di lavoro e di lotte = età presente, 47 anni, e diritto ad una pacata autocritica.
Dal che si rileva per lo meno che Alfredo Casella è nato nel 1883. Iniziò prestissimo lo studio del pianoforte sotto la guida della madre (che fu allieva di Carlo Rossaro) e lo continuò al Conservatorio di Parigi col Diémer, mentre per la composizione fu allievo di Saverio Leroux e di Gabriel Fauré. Diresse nel 1912 concerti al Trocadero, e dal 1912 al 1915 insegnò il pianoforte nello stesso istituto parigino che lo aveva avuto allievo. Tornato in Italia all'inizio della guerra, tenne la cattedra di pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma dal 1916 al 1923. Fondò la Società Italiana di Musica moderna, allo scopo di favorire la conoscenza dell'arte contemporanea italiana e straniera. Dedicatosi poi esclusivamente alla composizione e alla direzione d'orchestra, ha percorso in questi ultimi anni le principali città d'Europa e d'America come apprezzato direttore e concertista di pianoforte.
Attenendomi alla natura più illustrativa, che critica, di questo volumetto, preferisco lasciare alla parola del Casella stesso (del resto di una esemplare franchezza) il compito di additare le fasi attraversate dalla sua arte. Riassumo quanto posso fedelmente.
Educato nell'ambiente familiare ad un gusto classico e severo con l'esecuzione quasi esclusiva di musiche di Bach, Beethoven, Mozart, Haydn, egli assorbì sin dai primi anni la tendenza alla chiarezza e alla solidità costruttiva. I forti studi tecnici compiuti in Francia e gli influssi precedenti, lo condussero a manifestazioni, come le due Sinfonie, di carattere prevalentemente straussiano e mahleriano, comunque antitetiche a quell'impressionismo debussista allora dilagante in Francia. Poco dopo, acceso di entusiasmo per l'arte di Albeniz tentò qualcosa di simile nel carattere italiano con la Rapsodia Italia, che l'autore giudica come un documento della sua volontà di creare un sinfonismo nazionale, sebbene ancora oscillante, nella tecnica, fra i modelli di Strauss e di Rimsky Korsakoff.
La viva partecipazione al movimento musicale parigino dal 1910 al 1915 e l'apparizione sull'orizzonte musicale di quell'abbagliante astro, che fu ed è Igor Strawinsky, col famoso balletto Petrouchka, inizia per Casella un secondo periodo di evoluzione, in cui egli, pur tenendo fermo il pensiero nell'intento di creare una musica modernamente italiana, si dimostrò proclive ad accettare gli atteggiamenti estetici e tecnici propri delle tendenze europee più liberamente avveniriste. Frutto di questo ampliamento di vedute fu il balletto Il Convento Veneziano», l'Elegia Eroica, Pagine di guerra, Pupazzetti, la Sonatina e i Nove Pezzi per pianoforte, la Notte di Maggio per canto e orchestra (uno dei lavori più significativi di Casella) e il poema A notte alta per pianoforte e orchestra, opera che, più delle altre di questo periodo, realizza un saldo equilibrio tra concetto, forma e scelta di mezzi tecnici.
Quello che si è chiamato terzo stile di Casella, e che dovrebbe intendersi piuttosto come chiarificazione ed assestamento di procedimenti evolutivi, comprende le opere scritte dopo il 1920, e cioè il balletto sinfonico La Giara, la Partita per pianoforte e orchestra, la Scarlattiana, il Concerto in la minore per violino e orchestra, la Serenata, oltre a parecchia musica da camera vocale e strumentale.
Nella produzione di questo più recente decennio si sente che il travaglio, prodotto dallo sforzo di cercare uno stile personale ed italiano, si è pacato in una maturità creativa più limpida e serena, dalla quale si appalesano meglio le doti istintive e caratteristiche del musicista: e cioè la facoltà costruttiva, istintivamente e coscientemente antimpressionista, una nobile tenerezza di sentimento, frenata e contenuta dal pudore antiromantico, un umorismo impassibile, ma non perciò meno vivace e manifesto, infine la simpatia per l'elemento popolare e folkloristico.
A completare le linee fisionomiche di questo irrequieto ed operoso musicista, riporterò testualmente queste sincere parole dello stesso Casella: «A me, afferrata la mèta, poco cale di avere in tempi più o meno remoti disprezzato il melodramma nostro, misconosciuto Verdi, creduto supinamente al ballo russo, alla atonalità, alla morte della sinfonia o dell'opera, perchè tutte queste momentanee ottenebrazioni risultano da un solo intenso sforzo spirituale, il quale bene spesso mi accecava: la ricerca affannosa di uno stile ad un tempo italiano ed europeo».
ITALIA, rapsodia per orchestra.
Composta nel 1909, rimase quasi ignorata per dieci anni, mentre ebbe dopo larga diffusione nei concerti sinfonici. Nata sotto l'influsso dell'entusiasmo giovanile dell'autore per la musica folkloristica di Albeniz, riunisce alcuni motivi popolari di Sicilia, di Toscana, e nell'ultima parte, canzoni partenopee, tra cui il famoso Funiculì Funiculà, che, attraverso l'elaborazione orchestrale, tende ad assumere la grandiosità di un vero inno popolaresco. Tuttavia l'autore stesso, pur riconoscendo che quella musica non manca nè di vita nè di colore, avverte che in essa i temi popolari sono «ancora troppo inassimilati dall'animo dell'autore, e la tecnica tuttora oscillante fra Strauss e Rimsky-Korsakoff».
IL CONVENTO VENEZIANO, frammenti sinfonici dal balletto omonimo. Prima esecuzione: Parigi, maggio 1914. Direttore: A. Casella.
Sono cinque brani riuniti in Suite. Il primo, Marcia di festa, fa parte della seconda scena del 2° atto, in cui si vedono arrivare, tra lo sfarzo di ricchi costumi carnevaleschi, gentildonne e cavalieri invitati nella grande sala delle feste del Convento. Il tema pomposo della marcia, annunziato da clarinetti e fagotti, su un pedale di contrabassi e timpani, si compone di due nuclei ritmici, il cui svolgimento chiede interesse alla varietà tonale e alle colorazioni orchestrali, piuttosto che ad un vero rigoglio episodico. Per contro, la dinamica e il crescendo forniscono risultati di molto effetto. Il Rondò dei bambini è nel ballo il numero d'apertura, ed è un pezzo ravvivato da fresca spigliatezza di ritmi, consona alla scena a cui s'accompagna: la lezione di danza che un vecchio maestro impartisce ad una irrequieta turba di bambini. In Barcarola e Sarabanda - appartenente al secondo atto - si leva una voce di soprano vocalizzante su un ritmo lene di barcarola, finemente sostenuto da archi in sordina, arpe, legni. Al termine del canto ha inizio l'antica e grave danza della sarabanda, tutta avvolta in una densa, ma scorrevole polifonia orchestrale.
Col Passo delle vecchie dame, il Casella riprende un campo da lui prediletto: quello del grottesco e dell'ironia. Il brano arieggia una gavotta dal tema asciutto e pretensioso, affidato all'oboe.
Una parte centrale, in maggiore, mercè la combinazione della celeste con le arpe, col mandolino e coi più piccanti strumenti a percussione, rievoca un delizioso effetto di boite à musique.
L'ultimo numero s'apre con un Lento soffice e sognante di archi, flauti, arpe, corni e fagotti; cui fa seguito una Danza in sei ottavi, vivace leggera, e ben disegnata ne' suoi episodi strumentali.
A NOTTE ALTA, poema per pianoforte e orchestra. Prima esecuzione: New York, 1921. Direttore: L. Stokowsky.
Pur senza essere una musica a programma, quella del poema A notte alta ritrae i momenti essenziali di circostanze che - a dichiarazione dell'A. - lo inspirarono.
L'inizio, descrittivo, evoca la profonda e gelida luminosità di una notte invernale. Attraverso il suo impassibile splendore s'insinua a poco a poco il caldo fremito dei sentimenti umani. Due temi — maschile e grave l'uno, femminile e capriccioso l'altro - rappresentano nel loro sviluppo questo intervento dell'umanità nel quadro della natura. Ma il turbine della passione s'acqueta; gli amanti si allontanano; riappare nella sua glaciale trasparenza l'atmosfera dell'inizio. La notte ha ripreso il suo silenzio di bellissima sfinge. LA GIARA. Suite tratta dal balletto omonimo.
L'argomento dovuto al Pirandello, e felicemente ambientato sullo sfondo della campagna siciliana, i temi musicali, scelti in gran parte e tra i più suggestivi motivi popolari di Sicilia, l’orchestrazione piena di sapore di vivacità, fanno di questa suite (e più ancora dell'intero ballo) una appassionata affermazione di italianità nel campo del balletto sinfonico. La Giara appare così - anche soltanto come musica - una ardita evocazione di vita regionale, in cui l'ardore isolano si sposa alla schiettezza del riso sprizzante dall'opera comica italiana o dall'umorismo della commedia dialettale.
SCARLATTIANA. Suite per pianoforte e orchestra. Prima esecuzione: New York, 1927. Direttore: O. Klemperer.
Fu scritta per incarico della New York Symphony Orchestra, e consta di cinque tempi, il cui materiale tematico è tratto da quella miniera di gemme musicali, che sono le sonate del più grande clavicembalista: di Domenico Scarlatti.
Tuttavia non si tratta qui di una trascrizione, ma di una vera e propria ricostruzione moderna, ottenuta col dare omogeneità e ampiezza di proporzioni a spunti tematici scarlattiani di diverso carattere, riavvicinati in modo da mantenere integra, attraverso la tecnica d'oggi, la primigenia grazia e vivacità. I cinque pezzi sono: un Allegro, preceduto da una severa Introduzione; un garbato Minuetto; un Capriccio quasi drammatico; una dolce e nostalgica Pastorale, e da ultimo un Finale Carnevalesco, nel quale figura come interessante episodio centrale il soggetto della famosa Fuga del gatto.
Giulio Cesare Paribeni
Sinfonisti italiani d'oggi. Guida per i radio-amatori dei concerti
Musica sinfonica, da camera e varia n. 6-8
Milano, ERTA - Edizioni Radio Teatrali Artistiche, 1932