ZENATELLO GIOVANNI (1876 - Nuova York, 11 febbraio 1949) - Celebre Tenore. Allievo del M° Zanoni, che lo ritenne destinato alla carriera dei cantanti in chiave di fa. Quell'errore, per fortuna, non ebbe conseguenze. All'età di 19 anni si recò a Milano, in cerca di scritture. Per guadagnarsi da vivere si assoggettò ad incidere la propria voce su quei rocchetti più gracchiami che sonori dell'epoca, compensato con una lira per ogni incisione riuscita, cantando da baritono, da tenore e persino da basso a seconda delle esigenze. La prima occasione di calcare le scene l'ebbe con una particina di comprimario in un piccolo paese presso Milano. Due giorni dopo l'impresa fallì. Da Napoli, intanto, s'era chiesto d'urgenza un baritono per sostituire De Franceschi, indisposto, nella parte di Tonio nei Pagliacci, al Teatro del Fondo. Raggiunto Napoli con il primo treno (spese di viaggio pagate e una decina di lire d'anticipo) Zenatello esordisce senza alcuna prova d'assieme, ottenendo un successo lusinghiero. Il giorno dopo, il tenore pianta in asso l'impresa, allettato da una più vantaggiosa scrittura. Lo spettacolo è compromesso. Sostituire lì per lì il tenore non è ormai più possibile e il povero impresario è disperatissimo, anche perché il teatro è già tutto venduto. Chi salva la situazione è Zenatello. Egli conosce bene la parte di Canio e il baritono De Franceschi, quasi del tutto ristabilito, potrebbe riprendere il suo ruolo. L'esitazione dell'impresario diminuisce con l'avvicinarsi dell'ora dello spettacolo e Zenatello corre giubilante in camerino a infarinarsi la faccia. È questo il suo vero esordio: meraviglioso esordio che segnò una data memorabile nella storia del teatro lirico. Il nuovo improvvisato Canio sbalordisce, solleva entusiasmo delirante, bissa Varioso tra un uragano d'applausi. I più importanti teatri italiani se lo contendono e l'èco dei suoi successi va oltre l'oceano. Le sue azioni alla borsa del mercato lirico raggiungono quotazioni insperate nel Brasile, ove egli canta sei opere e quattro concerti. Al suo ritorno in patria, Toscanini lo sceglie per La dannazione di Faust alla Scala, opera ch'egli canta, unico interprete mai sostituito, ben 24 sere e per la nuova opera di Smareglia: Oceàna. Nella stessa stagione e protagonista di quel clamoroso incidente a moltissimi noto, in seguito al quale Arturo Toscanini si allontanò dalla Scala per lunghi anni. Si dava Un ballo in maschera e Zenatello era un Riccardo di prima grandezza per l'esuberanza dei suoi mezzi vocali e per il suo gioco scenico. Alla famosa aria del second'atto: È scherzo od è follia il pubblico è trascinato ad un irrefrenabile entusiasmo e chiede a gran voce la ripetizione del pezzo. Toscanini aveva allora iniziata la campagna per troncare l'abitudine dei bis, e ovviamente non lo concede. Il pubblico protesta e lo esige e il Maestro lascia eccitatissimo il podio. Un mese dopo, a Buenos Aires, pregò Zenatello di sostituire Caruso, indisposto, nel Mefistofele, e gli concesse di bissare le romanze del primo e dell'ultimo atto. Tra Caruso e Zenatello si creò presto un'atmosfera di leale e affettuosa amicizia, tanto che, alla fine di una memorabile recita di Aida al Teatro Manhatten di Nuova York, il più grande tenore del mondo corse ad abbracciare Zenatello nel suo camerino e, alla presenza di numerosi ammiratori, gli disse testualmente: «Come sai fare tu il terz'atto di Aida credo che non sarò mai capace di farlo io stesso e forse nessuno potrà farlo più». Con Rosina Storchio e il baritono De Luca contribuì al successo della nuova opera di Giordano Siberia (Scala, 1903) e l'anno successivo Puccini gli affidò il ruolo di Pinkerton nell'infelice battesimo di Madama Butterfly. Rimaneggiata e rappresentata in tre atti anziché in due e con l'accorato addio al «fiorito asil», romanza scritta espressamente per Zenatello, l'opera che è tuttora fra le più rappresentate nel mondo ebbe la sua meritata clamorosa rivincita al Teatro Grande di Brescia e subito dopo in America, messa in scena da Toscanini. Zenatello non era soltanto il cantante che faceva sgorgare ad ondate un fiume di note stupendamente timbrate e di argentea metallicità nel suono; era anche l'artista che a buon diritto fu collocato al massimo livello nella storia del teatro lirico per le sue fedelissime interpretazioni dei più disparati personaggi. Durante i suoi trionfali giri artistici all'estero, venne ricevuto alle Corti d'Inghilterra, di Russia, di Spagna, e da quei sovrani ebbe ricchi doni ed autografi. Nei primi mesi del 1913, durante una delle sue brevi soste a Verona, fece visitare il nostro Anfiteatro a Maria Gay, la celebrata consorte con la quale divise sovente i trionfi. La Gay, che aveva già cantato all'aperto in Spagna e all'Arena di Nimes, pensò che se anche questo nostro meraviglioso vaso marmoreo avesse avuta un'acustica sufficiente sarebbe potuto divenire un impareggiabile teatro lirico. Invitato a Verona il M° Serafin per una prova di acustica con strumenti, e ottenutone l'esito sperato, Zenatello offrì nell'estate stessa, alle folle accorse d'ogni dove, quell'edizione di Aida che rimase memorabile e che segnò l'inizio dell'attività artistica del massimo teatro lirico all'aperto del mondo. Sulle stesse scene cantò pure nei Pagliacci nel 1920, e per alcuni anni assunse la gestione o la direzione artistica degli spettacoli lirici. Perché il mondo conservasse dell'arte sua il migliore dei ricordi, fece udire il suo canto del cigno nella quasi pienezza delle facoltà vocali. Preso commiato dal teatro, apri a Nuova York una scuola di canto dalla quale uscirono talenti canori, come i soprani Lilly Pons e Licia Albanese. Innamorato della sua Verona, aveva deciso di venirvi a trascorrere gli ultimi anni, in tranquillo riposo. Morì invece improvvisamente a Nuova York. Solenni onoranze tributò Verona al suo illustre figlio, la cui salma, per espressa volontà del defunto, venne trasportata in patria per essere tumulata nella tomba di famiglia.

Alberto Gajoni Berti
Dizionario dei musicisti e cantanti veronesi (1400-1966)
Verona, Tipo-lito Cortella, 1966


Giovanni Zenatello (Verona, 22.II.1876 – New York, 11.II.1949) esordì a Bassano nel 1898 come baritono in Pagliacci e Cavalleria rusticana. Dopo il successo ottenuto a Napoli con l’improvvisa sostituzione di un tenore decise di cambiare registro e nel 1902 esordì alla Scala. Al teatro milanese dal 1905 alternò diverse tournée in America. Nel 1913 sposò il mezzosoprano catalana Maria Gay (1879-1943), nome d’arte di Maria de Lourdes Lucia Antonia Pichot Gironés. Partecipò all’Aida con cui si inaugurò per la prima volta l’Arena di Verona e nella stagione 1921-1922 ne divenne il direttore artistico. Dedito al repertorio verdiano e postverdiano, eccelse nella produzione pucciniana. Si dedicò all’attività di impresario e si trasferì a New York aprendo una scuola di canto, in entrambe le attività coadiuvato dalla moglie.

Claudio Paradiso, Andrea Pomettini, Daria Grillo [a cura di], Arrigo Tassinari ovvero i fasti del primo Novecento musicale italiano, con CD audio allegato, Perugia, Edizioni Anteo, 2009.