Luca Marenzio

MARENZIO (Luca), cel. compositore di Madrigali, di mottetti e di musica di chiesa nel sec. 17º, era maestro della cappella Sistina in Roma, dove diligentemente conservansi tutte le sue opere. Walther rapporta il catalogo delle medesime.
Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814
MARENZIO Luca
(Coccaglio, 1553 c. - Roma, 1599). Pochi sono i dati in nostro possesso circa le origini della sua famiglia e la sua giovinezza. L'anno di nascita, fissato dal Guerrini sulla base di una polizza d'estimo del 1588 (oggi irreperibile), risulterebbe essere il 1553 stando alla dichiarazione del padre di Luca, Francesco Marenzio, nella quale si legge: "Luca mio figliolo, musico... serve al Ser(enissi)mo ducha di Firenze, d'anni n(umero) trentacinque". L'origine coccagliese del Marenzio sarebbe, inoltre, attestata dal frontespizio delle Sacrae Cantiones (R. Amadino, Venezia, 1616, op. postuma), in cui si fa riferimento specificatamente a "Marentius coccaliensis". Meno notizie certe si hanno circa la sua prima formazione musicale. Secondo Ottavio Rossi (Elogi di bresciani illustri. Brescia 1633) il madrigalista mosse i suoi primi passi nella cattedrale di Brescia ed ebbe come maestro Giovanni Contino. La tradizione vuole, inoltre, che Marenzio avesse come mecenate l'arciprete di Coccaglio Andrea Masetto, il quale si sarebbe occupato della sua prima istruzione e del suo mantenimento. Questa tesi, però, allo stato attuale delle nostre conoscenze, si è dimostrata assolutamente infondata dato che il Masetto nacque nel 1562 (qualche anno dopo Marenzio, quindi). La tesi di Ottavio Rossi di cui sopra, invece, pur suscitando le non poche perplessità esposte, è stata assunta acriticamente dalla tradizione. Sempre per la tradizione Contino e Marenzio avrebbero seguito simili percorsi e, soprattutto, si avvicendarono al servizio del cardinal Cristoforo Madruzzo, primo vero e proprio mecenate del coccagliese. Ciò che suscita perplessità è il fatto che Marenzio non sia citato né per nome né per cognome nei documenti del Capitolo di Brescia (tanto meno come allievo del Contino). Anche il così diverso - e per certi aspetti inconciliabile - percorso estetico intrapreso dai due li rende assai difficilmente accomunabili. Un'altra ipotesi circa l'apprendistato musicale marenziano merita attenzione. Secondo Franco Piperno (Luca Marenzio, voce in D.E.U.M.M., Torino 1983) il madrigalista bresciano potrebbe aver fatto parte, anche, della cappella musicale della chiesa dei SS. Nazaro e Celso in Brescia. Una tesi questa che, seppur non ancora sorretta da documentazione certa, apre nuovi orizzonti alla ricerca su questo autore. Secondo Steven Ledbetter (Marenzio's Early Career, in J.A.M.S., 1979), da Brescia, Luca Marenzio, si sarebbe trasferito a Mantova nel 1569 per seguire il suo ipotetico maestro Giovanni Contino. A sostegno dell'ipotesi c'è una lettera scritta dal cardinale Scipione Gonzaga che, nel 1686 a Roma, stava prendendo accordi con Marenzio affinché quest'ultimo entrasse alle dipendenze del duca Guglielmo Gonzaga. Il Maffei, infatti, annota che il musicista bresciano "più volentieri servirebbe a S.A. che forse a qual si voglia altro Principe, ricordandosi di haver già speso qualche anno nella medesima servitù". Non ci è dato di sapere, purtroppo, quando ed in che termini si fosse svolta tale prolungata servitù. Steven Ledbetter, facendo coincidere le date degli spostamenti di Contino con quelli di Marenzio, propende a collocare il soggiorno mantovano di quest'ultimo tra il 1569 ed il 1574. A quel periodo, inoltre, potrebbe risalire la composizione delle già citate Sacrae Cantiones che, per gli ingenui tratti stilistici, dovrebbero appunto appartenere al periodo dell'apprendistato marenziano. Probabilmente nel 1574 fu preso a servizio da Cristoforo Madruzzo (1512/1578), primo vero grande mecenate di Luca Marenzio. Alle sue dipendenze, infatti, si trovò naturalmente inserito in quel magnifico ambiente romano che tanta influenza eserciterà sulla sua estetica compositiva. Nel 1577 ebbe modo, poi, di incontrarsi con un pubblico più vasto fregiandosi dell'onore della stampa di un suo madrigale, Donna bella e crudel, edito da un'antologia contenente composizioni di diversi autori. A Cristoforo Madruzzo, va quindi ascritto il merito di aver capito il compositore bresciano e di averlo inserito in un ambiente di livello europeo. Cristoforo Madruzzo, in quel periodo, risiedeva a Villa d'Este a Tivoli. Fu naturale che alla sua morte, avvenuta nel 1578, Luca Marenzio passasse alle dipendenze del cardinale Luigi d'Este (1528/1586) che risiedeva nella medesima dimora. Marenzio venne assunto da Luigi d'Este il 1° agosto 1578 come vero e proprio maestro di cappella. Fino ai giorni nostri, però, si dubitava che alla precedente denominazione corrispondesse una relativa attività effettiva: secondo Ledbetter tali dubbi sarebbero assolutamente ingiustificati allo stato attuale delle ricerche. Luca musico, così il compositore è menzionato nei registri della contabilità di Luigi d'Este, godette di enorme libertà d'azione. Sappiamo, infatti, che nel 1582 Monsignor Dandino lo richiese al cardinale per farlo cantare nell'oratorio della Trinità. La risposta di Luigi d'Este è assai nota, oltrechè molto significativa: il cardinale, infatti, fa presente di non essere solito "di comandare al Marenzio che vadi a cantar più in un luogo che in un altro" (Luigi d'Este, Minuta di lettera, 25 dic. 1582). La testimonianza di cui sopra desta il nostro interesse soprattutto per due motivi. Da una parte perché ci attesta l'attività di Luca Marenzio come cantante (è risaputo che per la purezza della voce fosse stato definito dai suoi contemporanei "il più dolce cigno d'Italia"). In secondo luogo dal documento è possibile arguire lo stato di estrema libertà d'azione con la quale si mosse il Marenzio. Il documento in questione, inoltre, ci illumina circa un fatto controverso. In base al bellissimo studio condotto da Hans Engel (Luca Marenzio, Firenze, 1956), sui registri delle spese di Luigi d'Este, il Marenzio risulta essere retribuito in ragione di 60 scudi l'anno circa (stipendio non dissimile da quello di un giardiniere). Da una lettera di Attilio Melegnani, agente dei Gonzaga a Roma, si apprende (14 gen. 1587) che, ai fini di un eventuale trasferimento di Marenzio a Mantova, il compositore avesse dichiarato di esser solito "spendere (...) in Roma più di 200 scudi l'anno oltre le spese". Allo stato di libertà d'agire di cui godeva il madrigalista, dobbiamo attribuire enormi arrotondamenti di stipendio che esulassero dagli scudi elargiti da Luigi d'Este. Durante il lungo periodo alle dipendenze di Luigi d'Este, Luca Marenzio ebbe modo, nel 1580, di intraprendere un viaggio al Nord Italia e più precisamente a Padova (ove in quel momento risiedeva la famiglia d'Este), a Venezia (ove si stampavano le sue composizioni), a Mantova (ove entrò ulteriormente in contatto con i Gonzaga), a Brescia (per rincontrarsi coi suoi cari) e, probabilmente, a Ferrara (indiscusso polo d'attrazione musicale). Tra i successi editoriali, evidenziati dalle ristampe dei suoi primi libri di madrigali, la vita di Marenzio sembra essere sempre più baciata dal successo. Marenzio decise così di dedicare il Terzo libro di Madrigali a 6 voci alla granduchessa di Toscana Bianca Capello. Si tratta certamente di una tappa molto importante per la conquista di Firenze, la città del rinnovamento delle arti. Dopo la morte del cardinale Luigi d'Este (30 dic. 1586), Marenzio si recò nel capoluogo toscano alle dipendenze di Ferdinando I de Medici. L'artista bresciano si ritrovò cosi impegnato nella composizione di due dei sei intermedi (1589) inframmezzati agli atti della commedia La Pellegrina di Girolamo Bragagli. Tale sfarzoso avvenimento si dovette ai festeggiamenti relativi alle nozze di Ferdinando I con Cristina di Lorena. Per l'occasione non si badò a spese: tutti gli intermedi, tranne il quarto, furono posti in versi da Ottavio Rinuccini; scenografo ed ideatore degli apparati fu Bernardo Buontalenti; oltre a Luca Marenzio, come musicisti furono interpellati anche Giovanni de Bardi, Jacopo Peri, Giulio Caccini, Emilio de Cavalieri e Cristoforo Malvezzi. Successo e magnificenza della sontuosa messinscena sono riccamente descritti da Bastiano de' Rossi (Descrizione dell'apparato..., Firenze, 1589) e da Giuseppe Pavoni (Diario descritto..., Firenze, 1590), i quali non risparmiarono elogi alle musiche di Luca Marenzio. Tra il 1589 ed il 1596 Marenzio pare soggiornare a Roma, legandosi a diversi mecenati, tra cui spicca il nome di Cinzio Passeri, detto Aldobrandini. Proprio su raccomandazione di quest'ultimo pare che Luca Marenzio avesse lasciato Roma alla volta della Polonia alla corte di Sigismondo III (1596/1598). Poche testimonianze ci restano del suo periodo polacco; una tappa importante è attestata dal probabile passaggio da Innsbruck, la città che, presso Schloss Amras, conserva l'unico ritratto esistente del compositore bresciano. Il lungo viaggio, inoltre, è tangibile testimonianza del successo di risonanza europea delle musiche marenziane. Tornato a Roma nel 1598 pare che il madrigalista non ebbe dimora fissa. Furono anni difficili per il compositore che decise, in un disperato tentativo di riconciliazione con i Gonzaga, di dedicare l'Ottavo ed il Nono libro dei madrigali a 5 voci ai signori di Mantova. La sua morte, come si evince da diverse fonti, fu improvvisa ed avvenne il 20 luglio 1599 presso i giardini di Villa Medici in Roma. La sua tomba, collocata a S. Lorenzo in Lucina in Roma, è oggi irreperibile probabilmente a causa di un'alluvione che colpì la Capitale nella prima metà del XVII secolo. Si è pensato, anche, di ipotizzare un'eventuale morte di Luca Marenzio per suicidio (M. Bizzarini/C. Fornari, Luca Marenzio musicista europeo, Brescia 1987), ma le ricerche in tal senso meriterebbero ulteriori studi e chiarificazioni. Luca Marenzio fu un compositore celebrato lungo tutto il corso della sua esistenza, stando all'enorme quantità di ristampe di alcuni libri dei suoi madrigali. Soprattutto all'estero è testimoniato il culto per le musiche marenziane, grazie anche alle traduzioni in lingua straniera (Hauptmann, etc...). In tempi relativamente recenti Luca Marenzio sembra incontrare il favore dei musicologi (soprattutto in Inghilterra e Germania) che sembra si stiano applicando a studi sistematici circa la sua figura e la sua opera. Si segnalano ben quattro edizioni critiche integrali dell'opera marenziana in corso, ma tutte ben lungi dall'essere terminate. A livello locale, tra le diverse iniziative, peraltro sempre più copiose, si segnala l'edizione della Missa Jubilate a 8 (di incerta attribuzione) a cura di Oscar Mischiati. A Coccaglio si è istituito un corso-concorso internazionale per l'esecuzione delle musiche marenziane. La Fondazione "Civiltà Bresciana", sempre in collaborazione con il Comune di Coccaglio, ha allestito una mostra permanente ed itinerante dal titolo Luca Marenzio musicista europeo (con relativa pubblicazione di guida e catalogo). La musica di Luca Marenzio, in breve, risulta essere molto levigata nella scrittura delle parti e notevoli sono gli influssi stilistici di scuola romana. L'arditezza armonica ed un equilibrato, ma sempre teso, uso del ritardo accomuna Marenzio, anche per ciò che riguarda il ricorso alla dissonanza espressiva, agli altri madrigalisti del periodo (Gesualdo da Venosa, Luzzasco Luzzaschi, Claudio Monteverdi). Cimentatosi in ogni genere del comporre musicale, sacro e profano, Luca Marenzio ci ha lasciato una densissima opera il cui corpus principale è definito da raffinatissimi madrigali (circa 400), cinque libri di villanelle (a tre voci), canzonette sparse (sei spirituali e due profane), musiche per due intermedi, diversi mottetti (alcuni dei quali sparsi in antologie dell'epoca o postumi) anche di carattere policorale, un esiguo numero di messe. È purtroppo, andata perduta l'edizione del Completorum et Antiphoniae 6 vocibus (1595). Un grande corpus musicale che, al di là di ogni parola, può ben essere rappresentativo della ricchezza dell'invenzione e dell'ineguagliabile ars raggiunte da Luca Marenzio nel corso della sua intensa e, per molti aspetti, ancora sfuggente vita (collab. Giacomo Fornari).
EB – Enciclopedia Bresciana di Antonio Fappani
Fondazione Civilità Bresciana
Brescia
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