Giovanni Paolo Maggini
MAGGINI Giovanni Paolo
(Botticino S., battezzato il 25 agosto 1580 - m. nel 1630-31 c.). Don Angelo Galotti (seguito da Giovanni Bignami) ha scoperto nei registri parrocchiali di Botticino S. un Giovanni Paolo battezzato il 22 novembre 1579, che ritenne il vero Maggini, non rilevando che il nome della madre di questo Giovanni Paolo è un'Ippolita e non Giulia come risulta da polizze. Sappiamo di certo che la famiglia ancora a Botticino nel sett. 1585 si trasferì in città dove era già presente il 17 giugno 1586. Potrebbe darsi che avesse una bella voce, ricevendone di conseguenza un'educazione musicale; probabilmente la scelta di costruire strumenti musicali gli venne da passione per la musica. E certo che ad un certo momento diventò, come rivela un documento del 6 marzo 1588, garzone, e perciò apprendista nella bottega del liutaio Gasparo Bertolotti da Salò. Come tale compare in sei documenti dal 1588 al 1604. In un atto notarile del 15 maggio 1604 assieme a lui è allievo Giacomo q. Battista Lafranchini di Cividate. Presso Gasparo era ancora dunque nel 1604. Il fatto che il 5 novembre 1607 acquistasse casa può far presumere che due anni prima della morte di Gasparo abbia aperto una propria bottega. Il tirocinio presso il liutaio salodiano è stato individuato nel fatto che i primi strumenti costruiti dal Maggini riproducono tutte le caratteristiche di Gasparo: lo stile pesante e privo di grazia, le stesse punte e filetti e giunzioni, poco curati e rifiniti.
Nei primi anni del '600 comunque mise bottega. Nel Liber Livellorum Sanctae Agatae il Berenzi trovò poi registrata la compera fatta da Giovanni Paolo Maggini «che fa le cetere» da Ser Ludovico Serina, della casa "che sta al incontro del Palazio Vechio del Podestà" e che egli si impegnava a pagare annualmente 7 lire a livello perpetuo alla Parrocchia. Sembra che gli si possa forse attribuire, anche se egli come Gasparo non datò mai gli strumenti, una "bellissima cetera" derivata da quella di Gerolamo Virchi, che, proveniente dalla raccolta del Cataio, faceva parte nel 1920 della raccolta di antichi strumenti musicali di Vienna. Dopo di ché il 20 gennaio 1615 sposava la diciannovenne Maddalena Anna Foresti di Fausto e probabilmente in questa circostanza andò ad abitare con la giovane moglie in una modesta casa in contrada del Palazzo Vecchio (ora via Dante) di fronte appunto al Palazzo Vecchio o del Podestà. Come si apprende dal documento dotale della moglie stilato nella cucina al primo piano il 28 gennaio 1615 viveva nella casa anche Jacobo Lafranchini che ormai viene definito "maestro di violini" e che con lui lavora con tutta probabilità nella bottega di liuteria, sistemata a piano terra. In questi anni probabilmente il Maggini si sottrae evidentemente, anche se in parte, alla influenza del maestro e come scrivono gli Hill-Huggins "il lavoro denota non soltanto un miglioramento nell'esecuzione, ma un grande passo avanti nella costruzione del violino» in cui raggiunge un livello superiore nella rifinitura di ogni lavoro; infatti le imperfezioni originarie scompaiono del tutto. Il lavoro diviene accurato, i filetti inseriti con precisione ed eleganza, le giunzioni accurate e nette e le effe affusolate come quelle dell'Amati. Le bombature assumono aspetti più aggraziati e piacevoli, ecc. lo stesso lavoro relativo alla parte interna è migliorato. Intanto la famiglia era andata sempre più aumentando e la situazione economica migliorando. Una polizza d'estimo del 1617 rileva che il nucleo familiare comprende, oltre alla moglie, un bambino ancora neonato, lui stesso, un assistente (Jacobo de Lafranchini) ed una giovane serva. Egli possedeva inoltre, sulla base di una successiva Polizza, verso l'inizio della sua carriera, una buona scorta di materiali. Nove anni dopo, nel 1626, apprendiamo da un'altra Polizza d'Estimo che gli nacquero altri sei bambini e che la morte fu spesso sua ospite in quanto soltanto tre (Carlo, Veronica e Caterina), di dieci figli, sopravvissero. Nel 1626 era proprietario di una seconda casa e di una bottega in Contrada delle Bombasarie, dove forse si trasferì dopo aver venduto nel 1623 la bottega-negozio di fronte al Palazzo Vecchio a donna Candida Pigozzi. Aveva inoltre conservato altre proprietà avute in eredità tra le quali ne aveva una sulle colline di circa dieci acri, con annessa casa residenziale e relativo rustico; un'altra in pianura di circa sette acri, ed una terza di circa quattro acri, vicino alla tenuta dei discendenti di Bertolino o Bartolomeo di Maggini, a Botticino. Vi era poi una coppia di prestiti da lui concessi, i quali insieme equivalevano ad una somma considerevole che rendeva il 5 per cento. Parte di questi beni gli venivano probabilmente anche dalla dote della moglie. L'allievo del grande maestro, diventò a sua volta maestro con un patrimonio da insegnare. Gli Hill-Huggins sottolineano come la caratteristica principale degli strumenti relativi al secondo periodo è il bordo marcatamente rialzato, assai raramente associato ad una leggera sgusciatura e solitamente accompagnato ad una bombatura più alta rispetto a quella che si trova nei primi ed ultimi strumenti del Maggini. La larghezza del corpo del filetto è leggermente più ampia ed esso è inserito con molta più precisione. Le effe sono più aggraziate e precise nelle curve del taglio, sebbene ancora conservino un carattere originale, mentre la testa è assai più simmetrica e meglio intagliata. Il legno degli strumenti di questo periodo è raramente tagliato di strato e non lo è mai per le tavole armoniche; e sebbene non sia così frequente l'utilizzazione dell'acero, ciò non di meno la qualità d'insieme del materiale è altrettanto fine quanto quella dei legni utilizzati dai costruttori cremonesi. Al secondo periodo ne succede un terzo in cui viene costruendo, forse seguendo la finezza stilistica degli Amati o per acquisita abilità tecnica, strumenti di qualità molto superiore, risultati di un lavoro assai più accurato. Come rilevano i biografi inglesi: la prosperità che raggiunse il Maggini in nove anni è notevole e parla chiaro sulla capacità lavorativa. E se consideriamo che in questi stessi nove anni probabilmente terminò di differenziare il violino dalla viola e creò quel modello che essenzialmente è quello attuale, visto che egli visse ancora per soli sei anni, possiamo ben capire che uomo fuori dal comune debba essere stato e che i suoi successi non furono questione di fortuna ma il risultato di rare capacità intuitive, di discernimento e di energia. Le ultime notizie che si hanno di lui si riferiscono al 1626. Ma risulta vivo il 18 maggio 1630 al battesimo di due suoi figli gemelli, Faustino e Caterina. Alla morte del figlio Faustino il 5 luglio 1630 è ancora vivo. Probabilmente morì di peste nello stesso 1630 o nel 1631. Nel 1632, comunque, Carlo Maggini si dichiarava figlio del "quondam Gioan Paolo Maggini".
Qualcuno gli ha attribuito allievi ma di quel "Giovan Gaetano Pazzini" che un'etichetta registrata dal De Piccolellis nel volume "Liutai antichi e moderni" del 1885, da una etichetta che lo dice "allievo de Maggini de Brixiae" e che avrebbe fabbricato uno strumento in Firenze nel 1630 non sono mai stati trovati strumenti. Già il Livi poi aveva respinto l'asserzione più volte ricorsa che Pietro Santo Maggini sarebbe stato figlio di Giovanni Paolo. L'unico figlio, Carlo, sopravvissuto al padre, aveva solo cinque anni quando il padre morì e in effetti divenne mercante di seta. Del Maggini non si conoscono che una cinquantina circa di violini, più alcune viole e violoncelli e probabilmente cetere e secondo gli Hill-Huggins hanno relegato Maggini ad un ruolo secondario durante tutto il diciottesimo secolo (lo scarso numero dei suoi strumenti, la loro dimensione o la fama di Stradivari come costruttore); non vi sono grossi dubbi sul fatto che il fascino tutto particolare nonché la grande potenza del suono dei suoi strumenti riceve ranno in futuro pieno riconoscimento e che il loro costruttore sarà debitamente rivalutato e ritenuto quel maestro ricco di creatività e quell'artigiano mirabilmente attento quale certamente fu. Ma se il Maggini venne relegato ad un ruolo secondario durante tutto il diciottesimo secolo, come affermano gli stessi autori, è stato uno dei costruttori copiato con maggiore frequenza. Ciò fu dovuto senza dubbio, secondo gli stessi, alle esecuzioni di De Bériot e Léonard che utilizzarono suoi violini e specialmente in Inghilterra Bernard Simon Fendt e Remy, un costruttore francese stabilitosi a Londra; in Belgio i Darches e N.F. Vuillaume; a Parigi Gaud padre, Bernardel, Chanot e Vuillaume furono i principali anche se non gli unici copiatori. In sintesi gli Hill-Huggins hanno indicato il contributo allo sviluppo dei violini, viole e violoncelli nel fatto che «1. Iniziò il modello del violino moderno. 2. Fu tra i primi ad usare gli zocchetti d'angolo e le controfasce come le conosciamo ora. 3. Fu tra i primi ad utilizzare il taglio radiale del legno per la tavola armonica in modo da avere le venature dirette. 4. Avviò un processo di razionalizzazione degli spessori. 5. Definì le caratteristiche della viola moderna. 6. Definì le caratteristiche del moderno violoncello».
Utilizzarono strumenti di Maggini e di Gasparo grandi musicisti come Jarnowick (Giornovichi), Dragonetti, Lwoff, De Beriot, Ole Bull, Leonard e Vieuxtemps. Uno strumento attribuito al Maggini venne segnalato dai giornali del 1935 come comperato da certo A.E. Papadopulo residente a Kobe in Giappone. Nel 1968 il dott. Enrico Costa di Genova annunciava di aver acquistato uno strumento del Maggini «di grande bellezza e dotato di una qualità e potenza». Un suo contrabbasso si trova nella Collezione dell'Istituto Civico Musicale A. Venturi di Brescia. Una viola da gamba tenore (di fattura molto bella) è di proprietà degli Hill di Londra; una viola contralto in inalterate condizioni e completamente originale, con cassa 41,5 è in una collezione privata a Parigi; un violoncello collezione privata in Svizzera; un violino forse rimpicciolito, collezione privata in Svizzera; una viola contralto di taglia grossa (cm. 43) di proprietà del noto concertista Dino Ascialla (Roma). Molti i falsi Maggini che costituirono una vera e propria industria, contrassegnata anche da casi clamorosi. Gli Hill in Inghilterra hanno individuato del Maggini dodici violini, sei o sette viole ed un solo violoncello. Gli stessi affermano come inconfutabile l'influenza di Maggini su Stradivari e come ancor "più evidente interessante e stupefacente è quella su Giuseppe Guarneri o "Guarneri del Gesù" che gli Hill-Huggins dicono fu l'allievo spirituale nonché il successore del Maggini; e che i suoi violini meglio riusciti rappresentano per noi ciò che probabilmente Maggini avrebbe prodotto se fosse vissuto abbastanza a lungo. Al Maggini, su iniziativa del tenore Pasini, il 21 aprile 1907 veniva posta su una casetta di via Dante (assieme ad altra a Gasparo di Salò, sul lato est della chiesa di S. Giuseppe), una lapide, disegnata dall'ing. Giovanni Tagliaferri, eseguita dai marmisti fratelli Bonifacio, e con le seguenti parole di G.C. Abba: «GIOVANNI PAOLO MAGGINI / nato in Botticino Sera nel 1580 / fu allievo di Gasparo da Salò / ne perfezionò lo strumento maestro di violini chiamandosi / lavorò in questa casa / donde l'arte sua diffuse / e vi morì forse / nella pestilenza del 1630». La lapide venne tolta nel maggio 1924 quando la casetta con altre venne atterrata e riposta nei magazzini.
EB – Enciclopedia Bresciana di Antonio Fappani
Fondazione Civilità Bresciana
Brescia
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